Torniamo a vergognarci
È tutta questione di… educare alla vergogna.
In Psicologia Generale vengono studiate le cosiddette “emozioni sociali”, ossia quelle emozioni che si formano in seguito alla vita sociale, nel rapporto con le altre persone. Si tratta di tre sostanziali “moti fisico-mentali” (come potremmo definire le emozioni): il disgusto, l’imbarazzo e la vergogna.
Nella nostra specie, tutte e tre sono veicolate al bambino dalla figura paterna, oppure sono espressione maschile di quell’atteggiamento mentale, presente anche nella donna, che le permette, rimasta sola ad allevare la prole, di fornire strategie finalizzate allo stare bene assieme agli altri, fuori di casa.
Di fronte a queste notizie, evidentemente, si dovrà parlare di una forma di educazione nella quale la vergogna, emozione sociale per eccellenza, assieme all’imbarazzo, non si è mai formata e neppure in età adulta ha potuto emergere nella vita di queste persone.
E mi riferisco tanto ai collusi quanto ai corrotti, perché dal punto di vista mentale non vi è nessuna differenza fra colui che propone azioni vergognose e colui che accetta di non vergognarsi. In entrambi i casi, e qui entra in azione l’altra emozione, nessuno dei due prova imbarazzo, ossia quell’emozione grazie alla quale le proprie azioni sono percepite come negative e passibili di rammarico perché ledono qualche idea/opinione presente nell’ambiente nel quale si vive.
In effetti, quando si è educati sin da piccoli a provare queste emozioni sociali è assai difficile trovarsi nella vita a frequentare persone che non le provino, proprio perché la socialità è un insieme di alleanze di relazioni, e quando non ci si trova a proprio agio con altri simili si tende a cercare altrove le proprie conferme esistenziali.
Risiede in questo concetto l’idea che “simili cum similibus” e cioè che i simili stanno bene assieme, senza esagerare ovviamente nel credere che la diversità sia qualche cosa di condannabile tout court, mentre rimane, la diversità, un valore aggiunto quando permette l’evoluzione del proprio pensiero che assume così un punto di vista diverso.
Ma in questo caso, non si tratta di diversità né di evoluzione, ma di ineducazione civile grave, difficilmente recuperabile se non con la scomparsa permanente dalla società italiana di questi atteggiamenti.
Cosa fare dunque?
Educare costantemente le nuove generazioni a queste tre emozioni sociali, ed attendere che Renzi riesca a rottamare tutto quello che resta da buttare via.