Pericolo a sinistra
Che la sinistra sia alla frutta; che gli unici esponenti rimasti di questa antica ed utile posizione di pensiero siano alcuni giornalisti Rai; che la disperazione cognitiva e sentimentale sia oramai evidente, anche nelle manifestazioni di massa; che Zingaretti sia il curatore fallimentare delle macerie lasciate dal democristiano Renzi; che questa disperazione sia talmente palpabile da allontanare qualsiasi essere umano appena sufficientemente equilibrato; insomma che si sia arrivati alla frutta sembra oramai chiaro. Tristemente chiaro.
Meno chiaro, sembra per ora, invece il fatto che queste manifestazioni siano potenzialmente pericolose. Lo si può comprendere assai bene da questo articolo.
È vero, in passato vi sono stati fenomeni verbali di origine partitica diversa e nondimeno altrettanto deprecabili. Ma, essere portatori di valori come il pacifismo, l’accettazione delle diversità, il rispetto per la dignità altrui, e poi utilizzare questo linguaggio, fa della attuale sinistra nazional-popolare qualcosa di oltremodo negativo. Ed ho la sensazione che se qualcuno desidera fomentare violenza da parti avverse, altri stiano cadendo nella rete a piè pari, senza nessuna consapevolezza sociale, quella che dichiarano di possedere solo a parole, perché i fatti come questi la negano con assoluta evidenza.
La mia conclusione è dunque che qualcuno dei politici di questa partizione culturale cerchi di non annullare del tutto quel poco che di civile rimane, ammesso che sia mai davvero esistito. È necessario smettere di urlare nelle piazze frasi dementi, anti-evolutive e testimonianza della propria frustrazione esistenziale, mentre potrebbe essere utile produrre iniziative educative, mediatiche e più intelligenti, specialmente finalizzate alla costruzione di un progetto a lungo termine. Un progetto nel quale i giovani, invece di dimostrare la loro necessaria e meravigliosa esuberanza ormonale, assieme a qualche attempato nostalgico e sovietico, siano portati per mano a sviluppare quella tolleranza che prevede la discussione civile. Certo, mi direte che questo vale anche per gli altri, quelli di destra (sempre ammesso che si possa continuare ad utilizzare questi obsoleti termini…). È vero, come è altrettanto vero che la destra non ha quasi mai espresso una intelligenza dialogante, mentre si è sempre dedicata ad ostentare monolitiche posizioni teoriche e sociali, e solo in questi ultimi anni sta lentamente dimostrando di essere anche intelligente. A fatica, è vero, ma ci prova, come sta accadendo in questo periodo in cui riesce a governare anche in situazioni politicamente antitetiche. Perché la strada che dovremmo percorrere tutti, secondo me, dal punto di vista antropologico-mentale, è proprio quella di imparare a convivere con i paradossi, ossia con le luci e le ombre che albergano in ogni essere umano. Tutti esprimiamo a parole quello che difficilmente riusciamo a realizzare in azioni, ed una delle funzioni evolutive della parola è proprio quella: indicare nella nostra mente questi paesaggi culturali e sociali che desideriamo concretizzare.
Non sempre la parola registra quello che è, ma spesso definisce quello che vorremmo fosse, oppure divenisse.
È utile ricordarlo, secondo me.