Il ginocchio poliziotto
È tutta questione di… patologia.
E, così, muore un altro afroamericano, George Floyd, in diretta e per sette minuti lunghissimi, ad opera di un “ginocchio poliziotto”.
Un fallimento totale, e socio-culturale, di integrazione etnica. E ci troviamo all’interno di quella società che il mondo occidentale ha sempre considerato il luogo della democrazia, in cui la salvaguardia della libertà e della individualità personale sono considerate qualcosa di sacro. E, se il risultato della sacralità è questo, occorre qualche riflessione.
La salvaguardia della libertà di tutti prevede necessariamente l’adesione ad un gruppo di regole che una data comunità scrive per se stessa, proprio perché non esiste libertà se non all’interno di una sicurezza compartecipata. E questo dovrebbe valere per tutti, o almeno, per un numero soddisfacente di persone.
Ora, mi sembra che atteggiamenti di questo genere, specialmente quando provengono dalle forze dell’ordine, che dovrebbero essere un punto di riferimento non solo per la legalità, ma per il concetto stesso di sicurezza, siano completamente lontani dalle conquiste dei diritti civili, quelli che gli Stati Uniti hanno sempre dichiarato di rappresentare.
Al di là della situazione precisa alla quale mi riferisco in questo articolo, indipendentemente o meno dalla colpevolezza della persona catturata, atteggiamenti di così evidente aggressività gratuita non sono ammissibili. Mai, in nessun Paese che voglia definirsi civile. È anche vero che in alcune nazioni degli Stati Uniti esiste la pena di morte, e che in altri Paesi orientali si spara alla nuca, per giustiziare i condannati ed in altri ancora si impiccano le persone. Insomma, abbiamo certo occasione di desiderare altre azioni, in questo mondo.
Ora, sul caso specifico stanno indagando le autorità statali e quelle federali, anche se non è stato ancora formulato un capo d’accusa. È anche vero, che con prontezza gli agenti coinvolti sono stati licenziati e dovranno certamente rispondere delle loro azioni.
“Lasciatemi, non riesco a respirare”: ecco le ultime drammatiche parole di Floyd. Secondo le prime ricostruzioni, una pattuglia era stata allertata per la presenza di un uomo che in auto sembrava essere sotto l’influenza di sostanze stupefacenti. Giunti sul posto, i poliziotti hanno intimato all’uomo di scendere dalla vettura, ma l’afroamericano ha cominciato ad opporre resistenza. Gli agenti lo hanno così bloccato a terra e, mentre cercavano di ammanettarlo, uno di loro gli ha tenuto un ginocchio premuto sul collo. L’uomo, visibilmente in sofferenza nel video, implora più volte di essere liberato dal ginocchio soffocante. Quando arriva l’ambulanza è troppo tardi: morirà poco dopo.
Il sindaco di Minneapolis, Jacob Frey, sospende dapprima i poliziotti (con body-cam) e poi li licenzia, affermando che “quello che ha visto è terribile. Quell’uomo non avrebbe dovuto morire. Essere un nero in America non dovrebbe essere una sentenza di morte”.
Zio Covid-19 fa emergere quello che siamo, prima ancora di riuscire a modificare i nostri comportamenti in meglio, oppure in peggio.
A questo punto, non saprei cosa pensare, ma continuo a sperare nel meglio.