Una donna al bivio
Partiamo da questa notizia, per riflettere sulle parole memorabili, secondo me, di questa persona, di questa donna.
Le sue parole vanno in due direzioni.
La prima, verso il rispetto della propria volontà, di persona gravemente malata, all’interno di un corpo peggiore di un carcere. In una tomba vivente, senza possibilità di miglioramento, se non con interventi medici solo palliativi. Con un dolore mentale e fisico insopportabili. Io non ho la minima idea di cosa possa significare tutto questo, perché è impossibile mettersi in panni simili. E questo è vero per chiunque di noi, perché nessun essere umano può farlo veramente, ma può solo immaginare se stesso in una situazione che non ci appartiene. Ecco che, proprio sulla base di questa generale concezione, ritengo che una legge sul fine vita, che lasci le persone libere di porre fine alle loro esistenze, sia quantomeno doverosa, se viviamo ancora in uno Stato che abbia a cuore la vita umana. E tutti voi sapete che sono cristiano, apostolico e romano, con un’idea della vita diversa da quella secondo cui ne siamo gli effettivi padroni. Eppure, proprio per questo motivo non mi permetterei mai di intervenire su decisioni di questo tipo e, nel caso della signora, sulla base delle sue parole. Anche Dio, e forse per primo, nella storia dell’umanità (per coloro che ovviamente ci credono…), lascia liberi tutti gli esseri umani di accettarlo, accoglierlo, oppure rifiutarlo e negarlo. Nessuna imposizione esiste nei confronti di una adesione adulta al proprio Dio di riferimento. Quando accade il contrario, non stiamo parlando della stessa cosa.
La seconda direzione è quella nella quale la signora ricorda ai nostri giovani quanto ogni esistenza, ancorché dolorosa, difficile, complicata e travagliata, sia comunque il bene più prezioso verso cui comportarci con attenzione e, forse, persino venerazione. Parole importanti, anche se sembrano ovvie, perché in questo periodo storico sembra proprio che siano le ovvietà ad essere in crisi. Ciò che nel corso della storia occidentale è stato conquistato con morti e feriti, come la libertà, l’indipendenza, il rispetto, la dignità, e l’infanzia, appare un ornamento culturale di cui possiamo fare a meno, quasi da ostacolare.
Ecco, io non so se i nostri politici siano in grado, ossia vogliano, davvero di accogliere queste parole e fare qualche cosa di veramente serio nei confronti di situazioni gravi, importanti ed essenziali come queste. Certo, io lo spero.
Anche se, in questa nazione, la nostra speranza, come normali ed ovvi cittadini, è oltremodo messa alla prova.
Quotidianamente.