Il Salvini di quartiere
È tutta questione di… cognizione di sé.
La notizia è questa. Certo, una notiziola, rispetto a quello che non ci viene detto sul coronavirus. Ma questa è un’altra cosa.
Torniamo invece alla decisione del Senatore Matteo Salvini, quella di permettere che gli venga fatto un processo per il caso della Gregoretti. Lo sappiamo tutti, il suo ego è debordante. Talmente ipertrofico che continua a far passare l’idea che il quartiere di qualsiasi cittadina italiana sia equiparabile al concetto di nazione. Giulia Bongiorno, che non è certo una giurista sprovveduta e incompetente, da giorni ripete che l’autorizzazione a processare Salvini, richiesta dalla Procura di Catania, sarebbe diventata, quando accolta, un precedente importante, vincolante. È in ballo la questione della separazione dei poteri dello Stato. E lo sappiamo tutti.
Ma, a Salvini, che non ha vinto le regionali in Emilia (se ci fosse stata la vittoria del centro-destra, le cose su questa votazione sarebbero andate diversamente…), interessa una micro-visione della nazione, con il consenso popolare legato a tempi ristretti, senza alcuna visione ampia. Cosa che, per esempio, non sarebbe mai accaduta ad un Berlusconi, il quale avrebbe convocato il proprio pool di avvocati e chiesto loro cosa sarebbe stato necessario dire, e fare. Invece, siamo in una situazione imbarazzante, anche per gli stessi leghisti, che hanno abbandonato l’aula per non votare, mentre non è detto che le cose funzionino come crede Salvini. Eh, sì… perché vi è una Severino, ossia quella legge del Governo Monti che potrebbe davvero nuocere, per sempre, a Salvini.
Come al solito, l’idea dell’uomo forte, che non deve chiedere nulla, se non i voti del quartiere, appunto, continua a primeggiare. Ma si tratta di un’idea piccola, che ha davvero le gambe corte, come le bugie, appunto, anche se accontenta una notevole fetta di elettorato, che prende sul serio le dichiarazioni ufficiali dei politici. Si dovrebbe pensare, quasi sempre, per non dire assolutamente sempre, che quando un politico rilascia una dichiarazione, lo fa per un tornaconto personale. E qual è questo tornaconto: la poltrona, anche quando fa finta di volerla perdere. Certo, in tutta questa storia, forse, riusciremo a sapere la verità su ciò che accadde con Conte e Di Maio. E, in questo caso, avremo ulteriore occasione per ridere e piangere.
In Italia, con questi ultimi governi, abbiamo coniato un nuovo verbo: piangeridere. E noi, quando dobbiamo far convivere cose opposte fra loro, siamo davvero maestri quasi insuperabili in questa performance.