Genitori criminali
È tutta questione di… malvagità.
Partiamo da questa notizia (con l’ulteriore specificazione), per fare qualche considerazione sul significato che alcune conquiste della cultura occidentale rappresentano per il bene comune. Ho l’impressione che, in questo periodo storico, molte persone nel nostro paese non ne siano del tutto consapevoli.
Prima dell’avvento del grande contributo scientifico di Jean Jacques Rousseau, con il suo “L’Emilio” del 1762, il concetto di infanzia era sostanzialmente sconosciuto alla maggioranza della popolazione. Anzi, i comportamenti educativi che gli adulti riservavano ai piccoli erano a dir poco abominevoli, a meno che ovviamente non facessero parte di classi aristocratiche e molto agiate, anche se nemmeno questo era comunque una garanzia.
I bambini erano considerati dei piccoli adulti. E potevano quindi essere trattati in questo modo. Persino il carcere per i bambini che commettevano qualche reato nella Londra della Rivoluzione Industriale, era praticamente identico a quello adulto. Mi riferisco alla durata della pena e alla crudeltà della pena inflitta.
Inoltre, nelle famiglie vigeva la convinzione secondo cui un bambino poteva essere sostituito, una volta deceduto, con la messa in cantiere di un altro bambino. Potevano essere riprodotti in serie, perché erano utili ai campi, oppure alle fabbriche, per lavorare sottopagati le stesse ore giornaliere che erano destinate alla forza di un adulto.
Tutto questo era semplicemente normale. Abbiamo dovuto attendere l’ingresso del concetto di “infanzia“, prima di poter comprendere che ad un bambino attiene una serie di esigenze, caratteristiche, desideri e comportamenti che non hanno nulla a che vedere con ciò che quel bambino sarà una volta diventato adulto. Questa consapevolezza non è affatto scontata, ma è il frutto di pensieri e comportamenti che si sono determinati storicamente e culturalmente, grazie all’intervento di intellettuali, studiosi e genitori europei.
Quindi, che cosa ci dice questa notizia? Ci rivela, se ancora ce ne fosse bisogno, che la questione interculturale è molto più complessa, rispetto all’idea romantica e fasulla di mettere assieme a vivere, nello stesso luogo, persone appartenenti a culture diverse. Se i genitori non sviluppano il “sentimento della tenerezza” nei confronti di un infante, è evidente che i bambini saranno trattati come cose, ossia oggetti che possono essere malmenati fino alla morte, continuamente. E questo accade in molte parti del mondo, ma non è ammissibile in un Occidente civilizzato. È vero, anche da noi, specialmente nei grandi Stati-continenti, come gli Stati Uniti, assistiamo a fenomeni che ci rivelano genitori patologicamente compromessi, che segregano e seviziano i propri figli. Ma si tratta di patologie isolate, non di un costume, di atteggiamenti consolidati dalla cultura di appartenenza.
No, e purtroppo devo dire esattamente quello che penso, in questo caso assolutamente no! In alcune culture del mondo, specialmente africane, il bambino è considerato esattamente come la donna: non conta assolutamente nulla. Può essere stuprato, sia maschio o femmina, esattamente come una donna adulta. E deve tacere, perché può naturalmente morire, nel qual caso se ne fa un altro, meglio se maschio.
Quindi, io che non sono un acerrimo nemico dell’integrazione culturale, devo però ricordare a tutti noi quanto sia importante essere molto determinati nel comminare pene severe di fronte a questi abusi. E, nello stesso tempo, sarebbe forse il caso che persone provenienti da culture simili avessero un’educazione all’Occidente, permanente, dalla mattina alla sera.
Forse anche di notte, penso non sarebbe male.