Questa fine
È tutta questione di… ospitalità.
Ieri sera, grazie ad un carissimo amico e collega calabrese, ci siamo ritrovati telematicamente uniti per farci gli auguri di fine anno e buon inizio. Eravamo una trentina di persone, esponenti delle più svariate professioni, maschi e femmine con una visione comunque partecipata della vita sociale, ossia impegnati a vario titolo a favore di questa nostra nazione.
Quando è toccato il mio turno, mi sono fatto aiutare da Emily:
“Quando atto e volontà saranno estinti
non per le nostre azioni saremo giudicati
ma per ciò che Dio stima avremmo fatto
se più divini fossimo noi stati -” (1864).
Sì, è la Dickinson.
Chi mi conosce sa che, dal 2003, quando la incontrai ufficialmente grazie ad una mia studentessa calabrese, la poetessa americana (come mi piace definirla…) abita la mia borsa e mi accompagna in ogni dove. Apro la sua lettera al mondo (come lei definisce la propria poesia…) e mi ristoro nei momenti di riflessione, di attesa o durante i miei viaggi.
Ecco, rispetto a questi versi, penso davvero che le fasi iniziali di un atto (come potremmo definire il termine intenzione), sia in senso concreto che metaforico, siano l’aspetto più interessante e significativo dell’agire umano. L’essere umano, quando si trova in un discreto equilibrio dello stato di coscienza, tanto personale quanto sociale, all’interno della propria cultura, sviluppa sane e positive intenzioni verso se stesso e il mondo. In altre parole, ognuno di noi individua all’interno di sé stesso e all’esterno quali dovrebbero essere i comportamenti migliori da adottare per la sopravvivenza di tutti, perché la dimensione empatica è inscritta nella nostra mente, benché si sviluppi, nel tempo, con l’educazione.
Nasciamo in grado di stare in vita, di esistere, solo all’interno di un ambiente, senza del quale nemmeno i nostri geni, che determinano una certa predisposizione ad agire ed essere, avrebbero senso. La pressione culturale esterna favorisce i nostri reali comportamenti, anche quelli geneticamente determinati, perché lo sviluppo della vita è di tipo epigenetico, ossia legato a ciò che ci contiene.
Senza contenitori non esiste nulla, in questa nostra vita cosciente.
Ecco perché, la poesia della grande autrice ottocentesca americana, mi permette di augurare a tutti noi di costruire un 2021 che diventi realmente un saggio contenitore delle intenzioni umane, affinché queste si possano davvero realizzare.
In fondo, senza contenuti non vale la pena di soffrire per crescere.
Tutti assieme.