È tutta questione di… educazione permanente.

Intanto, vi prego di leggere questo articolo e quindi le mie considerazioni in merito, ovviamente, se volete.

Quando sento affermare che siamo nel 2022, come se l’evoluzione della specie fosse qualcosa di relativamente veloce, non solo sorrido in nome dell’ignoranza che tale affermazione contiene in sé, ma mi rendo anche conto quanto sia difficile in questo periodo storico produrre un pensiero che sia frutto di scienza e conoscenza.

Inoltre, sarebbe necessario ricordare che la velocità dell’evoluzione non è assolutamente costante, come è ampiamente dimostrato dalla fisica classica. Nulla, in questo mondo, procede a velocità costante, perché le cose, come le persone e le situazioni, subiscono inevitabili accelerazioni e decelerazioni.

Quando noi crediamo di vivere nella contemporaneità, non ci rendiamo conto che stiamo parlando in modo assolutamente convenzionale, perché il concetto di contemporaneità non è applicabile alla globalizzazione nella quale siamo inseriti. Un italiano non è affatto contemporaneo, nelle sue azioni, nei suoi pensieri e nelle situazioni, a un malgascio, oppure ad un africano o australiano aborigeni. E il fatto raccontato nell’articolo dimostra esattamente questo.

Ogni forma di discriminazione che l’essere umano mette in atto non è mai legata ad una situazione in particolare, ma rappresenta l’espressione specifica di uno stile cognitivo generale, all’interno del quale le differenze sono valutate secondo la gerarchia migliore-peggiore.

In altre parole, essere diversi significa in qualche modo cercare di stabilire chi in questa diversità è migliore, rispetto a qualcun altro che è peggiore.

Abbiamo bisogno di stabilire una gerarchia di valore fra le diverse specificità, proprio perché non siamo in grado ancora, come specie umana, di gestire i paradossi che le diverse culture, nel momento in cui vengono a contatto, manifestano le une verso le altre.

In quasi tutte le culture del mondo occidentale industrializzato, gli esseri umani maschi sono considerati migliori, forti e dotati di potere, rispetto agli esseri umani femmine, deboli, fragili e in grado di procreare (quest’ultima caratteristica fisiologica è ambita e odiata nell’universo maschile occidentale, industrializzato e tribale). E non si tratta semplicemente di affermare l’esistenza di società patriarcali, ma della totale mancanza di formazione, educazione e scolarizzazione rispetto ad una serie di differenze naturali e biologiche che dovrebbero rendere il maschile e il femminile perfettamente compensati.

I singoli stati nazionali, all’interno di questo pianeta, dovrebbero quindi condurre politiche di educazione e formazione che potrei definire martellanti, rispetto a questo problema, altrimenti continueremo ad assistere a queste manifestazioni che superano persino gli atteggiamenti animaleschi più turpi (senza offendere gli animali…).

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