È tutta questione di… fallimento.

Partiamo da questa notizia.

La locuzione sulla quale baso le mie considerazioni è composta da due sostanziali parole: “altamente probabile“. E si riferisce alla morte dei neuroni del bambino al quale è stata sospesa la ventilazione artificiale nel Grande Regno Unito, patria della Rivoluzione Industriale e di quella democrazia che tutti (o quasi tutti…) osannano.

Decretare la morte cerebrale è sempre un compito assai ingrato, per qualsiasi medico, qualsiasi struttura sanitaria, proprio perché occuparsi della salute delle persone significa combattere costantemente l’idea ipotetica di non riuscirci.

La morte è questione che riguarda tutti, e poiché noi esseri umani siamo sostanzialmente gli inventori, all’interno della nostra coscienza, sia del tempo che dello spazio, accettare la presenza di una vita-non-vita in un bambino è cosa spaventosa e carica di dolore indicibile.

Nel considerare l’intera vicenda, il suo dispiegarsi e i diversi tentativi legali che la famiglia del bambino ha messo in atto per concedere qualche speranza in più al figlio stesso e a sé stessa, si ha la netta sensazione che abbia vinto l’orgoglio di una medicina convinta delle sue probabilità. Sembra emergere il quadro di individui e di una legge inglese, come al solito, protezionistica e megalomane rispetto alla eventualità che, in altra sede ospedaliera internazionale, si potesse portare avanti una diversa visione scientifica del problema, dunque della diagnosi con relativa terapia e forse prognosi.

Ecco ciò che mi spaventa in questa faccenda: la presunzione, l’arroganza di un sistema che non guarda nel cuore di nessuno, trincerandosi dietro un concetto di scienza, di statistica che oltrepassa l’umanità che dovrebbe invece tutelare.

In effetti, mala tempora currunt.

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