È tutta questione di… mente.

La realtà è una costante e continua costruzione di relazioni fra le cose, e fra noi e le cose, grazie alla quale stabiliamo la formazione di abitudini e la scoperta di novità.

Facciamo un esempio per meglio comprendere l’importanza di questo concetto.

Quando un bambino impara a mangiare da solo deve provare, con una serie di tentativi necessari a perfezionare l’atto, a tenere in mano lo strumento che gli permette di mangiare. Si può trattare di un cucchiaino, oppure di una forchetta o di un cucchiaio. Non ha importanza il mezzo, in questo caso, perché quello che conta è comprenderne l’utilità e impararne l’utilizzo. La presa di questi strumenti è relativamente semplice, ma non è semplice imparare ad utilizzarli le prime volte. Sia sufficiente, per noi adulti occidentali, fare una prova utilizzando i bastoncini cinesi, quando cerchiamo di mangiare secondo lo stile orientale. Si assiste a scene decisamente esilaranti, e solo dopo molti tentativi si riesce nell’impresa. Allo stesso modo è accaduto a tutti noi, quando abbiamo dovuto imparare ad usare la forchetta la prima volta e quando ci siamo dovuti specializzare nella sua funzione arrotolatrice con gli spaghetti.

Ritornando al nostro bambino, quando impara ad usare la forchetta, nel prendere il cibo, egli capisce che attraverso una serie complessa di movimenti essa può raggiungere la bocca. Se io ripeto troppo lentamente quei movimenti, il mio cervello non riuscirà a memorizzarli in modo efficace e non raggiungerò l’obiettivo. In effetti, la velocità con cui si imparano alcuni movimenti è in funzione della loro memorizzazione, perché più lentamente si compiono alcuni movimenti del corpo e più risulta difficile mantenere davanti a sé chiaro l’obiettivo per cui tali movimenti sono nati. Una giusta velocità esecutiva permette al cervello di “arrangiarsi” in qualche modo, oltre gli esempi che vede, per raggiungere lo scopo.

Più volte vedrò utilizzare dagli adulti la forchetta e più tentativi cercherò di compiere io per utilizzarla, prima e meglio riuscirò a mangiare con la forchetta.

Durante questo periodo di tempo, in cui imparo ad utilizzare l’utensile e a portarlo alla bocca, nel mio cervello accade qualcosa di semplicemente straordinario. I neuroni, ossia le singole cellule che compongono il Sistema nervoso, e più precisamente quelli che sono necessari allo svolgimento di questo compito, cominciano a inviarsi tra di loro una serie di informazioni. Per mandarsi queste informazioni, ossia perché fra di loro si possa instaurare un dialogo, hanno la necessità di stabilire dei contatti e lo fanno in modo semplice: unendo i loro filamenti.

Accade un po’ come quando i bambini giocano al girotondo e si tengono tutti per mano, formando un cerchio. Ogni bambino del cerchio è come fosse un neurone, e le braccia i filamenti. Il girotondo funziona se tutti i bambini girano in tondo contemporaneamente, perché se uno di loro cade o smette di girare il girotondo si interrompe.

La stessa cosa accade nel funzionamento del nostro cervello.

Se qualche neurone non funziona, la comunicazione si interrompe e diviene meno fluida, con il risultato di avere un comportamento originale. Grazie a queste relazioni, si crea una specie di rete tridimensionale di neuroni, che è molto fitta, e assai simile a quella con cui i pescatori cercano di portare a riva i pesci. Questa rete di neuroni si rinforza, ossia stabilisce nel tempo dei legami più duraturi e più forti, in relazione a quante volte i neuroni si scambiano fra di loro la stessa informazione.

Ecco, penso che queste considerazioni neuro-scientifiche ci permettano di valutare l’importanza delle nostre azioni, verso noi stessi e gli altri.

Possiamo meglio comprendere gli aspetti positivi delle abitudini, e anche quelli negativi.

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