Fare futuro
È tutta questione di… stile di vita.
E’ certamente piacevole constatare di trovarmi d’accordo con gli ex ministri Giulio Tremonti e Tiziano Treu. Entrambi, secondo percorsi intellettuali relativamente diversi, giungono comunque alle stesse conclusioni, che fanno parte della disciplina antropologica e della mente umana.
Mentre il primo pone l’accento sull’importanza di nuove regole mondiali, in riferimento tanto alla finanza quanto all’economia, il secondo si concentra sulla necessità di cambiare, nel prossimo futuro, il nostro modello globale di economia.
In effetti, Giulio Tremonti ha ragione, quando afferma l’importanza che, per esempio, l’intero mondo si adegui ad equilibri precisi, limitanti, nel suo rapporto con la natura, riferendosi anche al grado di igiene, di tutti i popoli della terra.
Tutti noi sappiamo che, in nome del “relativismo culturale”, una certa propaganda para-intellettuale (della quale, peraltro, siamo ancora vittime oggi…) ha propugnato il “rispetto” verso qualsiasi altra etnia del mondo, tradotto poi in totale asservimento ed accettazione di tutto e di tutti, senza possibilità di frapporre un giudizio critico. Ed io ho sempre sostenuto, anche in questo blog, che siamo vittime di un ”assoluto relativismo culturale”. Ebbene, se vogliamo procedere in questa globalizzazione, sarà il caso di sottostare a regole universalmente accettate e condivise, specialmente per quello che riguarda la sanificazione ambientale. E mi riferisco, quindi, anche a come l’essere umano tratta gli animali, o al modo in cui alleva gli animali di cui si ciba.
Zio COVID-19 non viene da Marte.
E proprio in questo contesto, l’ex ministro Tiziano Treu ci ricorda come sia divenuto praticamente necessario, quindi non più derogabile, rivedere con molta attenzione ciò che questa società umana intende per sviluppo economico, e quindi anche finanziario. La sfrenata corsa al consumerismo, senza alcuna percezione dei suoi limiti, dovrà sicuramente rallentare. Non abbiamo molte scelte, se vogliamo davvero proporre ai nostri giovani un minima idea di futuro realizzabile. Qui non si tratta solo di clima, oppure di partiti: è una questione antropologicamente impellente, che deve entrare a far parte di un modo costante e continuo di fare politica, se vogliamo “fare futuro”.
Ora Vi chiedo: le persone che detengono attualmente il potere, tanto a livello nazionale quanto livello mondiale, sono nelle condizioni di produrre questa consapevolezza? Hanno, per caso, dimostrato una certa lealtà nei confronti delle fatiche che un individuo soprattutto in certe popolazioni è soggetto a sobbarcarsi, per portare a casa un piatto di minestra? Siamo davvero certi che non debbano intervenire meccanismi grazie ai quali il costo della vita, come quello del lavoro, come quello dell’apprendistato, non debbano essere in qualche modo regolamentati?
Ecco, nutro qualche autentico dubbio.
E penso che abbiano quindi ragione entrambi questi due ex ministri.
Ci ricordano l’importanza di un sistema di regole che deve essere universalmente accettato, soprattutto perché di tipo sovranazionale, antropologico, assieme alla necessità di abbandonare il finto bisogno di una crescita costante e continua, senza limiti, a scapito di tutte le altre persone che non riescono a stare al gioco.
Insomma, o recuperiamo tutti insieme un sentimento generalizzato di soglia, o non andremo da nessuna parte.