È tutta questione di… umanità.

Colui che crea e colui che fruisce del creato agiscono in dimensioni temporali separate, dando vita ad una terza dimensione che è il risultato delle due precedenti.

Ciò che viene creato, (fotografie, opere artistiche, poesia, filosofia, pittura, musica, “mondi”, etc.) diventa subitaneamente indipendente, sia da colui che ha creato che da colui che ne gode. Il prodotto finito permane nel tempo a prescindere da coloro che lo hanno creato e coloro che lo ammirano.

La contemporaneità esiste nel nostro sistema neurale solo al momento dell’entrata di informazioni non ancora decodificate. Il processo di decodificazione è innanzitutto biologicamente in ritardo di qualche centinaio di millisecondi. L’elaborazione cognitiva avviene in un tempo che non coincide con quello del dato fisico. Inoltre, ogni individuo giustifica il dato percepito collegandolo ad esperienze personali.

Per questi sostanziali motivi, la dimensione temporale di colui che crea non è mai la stessa di colui che osserva. In effetti, quest’ultimo è in grado di collocare la propria esperienza sensoriale all’interno della propria vita simbolica, e quest’ultima possiede, in quanto tale, diversi gradi di condivisione culturale.

Grazie a questa situazione appena descritta, e in cui si trova a funzionare il nostro sistema neuronale, la nostra esistenza ci appare come un’instabile immensa regione, attraversata da processi che tendono a trasformare le percezioni in esperienza.

Si tratta di un continuo rinnovamento cognitivo, grazie al quale, nell’osservazione e nella ricostruzione del percorso temporale dell’atto creativo, mai ripetibile anche se solo rieseguibile dal fruitore, è possibile dare sfogo alla curiositas, ossia a quella spinta di interminabile immaginazione.

Karl Raimund Popper ci insegna che la validità di una teoria risiede proprio nella possibilità di falsificarla. Ancora una volta è proprio Sant’Agostino che ci aiuta a ragionare sulla questione della verità, perché stabilita l’esistenza della verità e constatato che nessuno può mai dirsi sapiente se non attinge ad essa, il pensiero pedagogico di Sant’Agostino si va chiarendo in una serie di problematiche progressive, legate tra loro da un’intima coerenza cognitiva. Egli si chiede: di che natura è la verità e in che modo, dato che essa non esiste, è possibile conoscerla? In che successione si pongono gli atti del processo conoscitivo della verità? Posto che sia possibile conoscere la verità, sia essa relativa al sensibile che all’intelligibile, sia che si ponga come scentia o come sapientia, come è possibile comunicarla agli altri individui?

Queste appena elencate sono le nostre attuali domande, perché anche se crediamo di essere progrediti in un mondo di apparenti risposte tecnologiche, la sostanza umana procede assai lentamente.

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