Touch… Clubhouse
È tutta questione di… tecnologia.
Con sempre maggiore urgenza, si avverte l’esigenza di superare la mera conoscenza empirica di una realtà che oramai è sempre meno oggettiva, e sempre più soggettiva. E sono molti i ricercatori, gli artisti che anticipano (come abbiamo visto) concetti innovativi.
Viviamo e pensiamo globalmente, costruendoci nelle nostre identità e nelle nostre relazioni in modo virtuale, combinando fra loro onde di energia, proprio come avviene fra i computer. In fondo, accade a tutti noi, quando siamo di fronte a una tastiera oppure su un social qualsiasi.
Touch… la nuova parola d’ordine. Il nuovo cum_tatto.
La virtualizzazione del reale è paradossalmente assai più concreta di ciò che riteniamo. Non è più necessario riferirci a una materia statica, perché oggi siamo immersi in un tempo non più unidirezionale. Non esiste più il nostro orologio, la mattina e il pomeriggio, quando parlo e chatto con un altro individuo dall’altra parte del mondo, lontano 10 o 12 fusi orari da me. Ora possiamo toccare gli altri, tutti coloro che sono collegati al nostro computer, dunque a noi stessi, con un touch e un click. Possiamo andare in tutte le direzioni del tempo umano, senza un prima e un dopo. Siamo immersi in un’assenza di tempo oggettivo, privi di un assoluto statico, e seguiamo il dinamismo della vita nelle sue evoluzioni.
Dal nostro punto di vista, tutto questo potrebbe davvero migliorare il nostro livello di consapevolezza circa la necessità di utilizzare il nostro tempo in modo più equo, più etico. Certo, ci vorranno parecchi anni, forse decenni (ma meno di quelli che possiamo pensare), proprio in nome della velocità con cui procede la nostra esistenza globale. Senza contare che i nostri giovani nascono digitali, con l’iPad fra le mani già durante l’infanzia, e la capacità di utilizzare la tecnologia con una abilità che ancora spaventa noi adulti.
Le parole di una chat, del nuovo e fantastico social Clubhouse (ora anche per Android), con la quale definiamo il già presente, diventano il dinamismo del cambiamento, su una fiducia che viene costantemente monitorata. Eh sì, perché l’uomo sa che le proprie intenzioni non sempre corrispondono alle azioni che mette in atto. E sapere che la nostra libertà di espressione deve seguire regole condivise, potrà lentamente limitare la presenza dei furbi più furbi di altri, e questa sciocca competizione non funziona più.
Nella globalità dei villaggi siamo tutti sulla stessa barca e… se affondo un mio simile, prima o poi l’acqua sale e travolgerà anche me.