L’inizio
È tutta questione di… partecipazione.
“Vivi attraverso quel piccolo pezzo di tempo che è tuo, ma quel pezzo di tempo non è di per sé la tua vita, è la somma di tutte le altre vite che sono contemporanee alla tua… Quello che sei è espressione della storia” (Robert Penn Warren, da World Enough and Time, 1950).
Ho voluto riportare questa citazione, perché penso ci permetta di riflettere sul nostro futuro. E quando scrivo “nostro” mi riferisco all’umanità nella sua interezza, perché come antropologo della mente non posso che ragionare in questi termini, rispetto a coloro i quali, anche nel mondo della politica internazionale, continuano a concepire il futuro in termini meramente nazionalistici.
Le parole di questo poeta e scrittore statunitense, vincitore di ben due premi Pulitzer (per la narrativa e la poesia), anche se possono sembrare datate si rivelano particolarmente efficaci nella attualità mondiale.
Sono molte le occasioni in cui abbiamo la sensazione di possedere in esclusiva la nostra vita, come se realmente fosse di nostra proprietà, mentre in cuor nostro sappiamo altrettanto bene che stiamo mentendo a noi stessi. Non possediamo altro, in questa nostra esistenza, che la transitorietà, grazie alla quale, durante il trascorrere del tempo quotidiano, ci riveliamo diversi rispetto a ciò che credevamo di essere. Certo, conserviamo pur sempre tracce di quello che eravamo, anche se ritegno che conservare significhi adattare progressivamente la nostra identità al futuro.
In quest’ottica, la nostra vita non è mai solitaria, anche se spesso possiamo sentirci soli, ma frutto di una relazione continua con gli altri, con la natura, in una sorta di sistema misterioso nel quale vivono le storie di tutte le singolarità. In sostanza, ha proprio ragione il poeta statunitense: il nostro personale tempo è la sintesi di tutti i diversi tempi altrui, delle storie altrui.
Ecco perché, ascoltando ultimamente le parole del Presidente della Repubblica Italiana e quelle di Papa Francesco, mi sono trovato esplicitamente in accordo con quello che ultimamente hanno dichiarato.
Solidarietà, visione d’insieme, potenza nella conservazione di motivazioni esistenziali che coinvolgano tutti gli esseri viventi, partecipazione concreta alla vita pubblica dei nostri territori, ricerca di “senso comune”: tutti elementi che potranno decretare l’uscita da questo periodo difficile, e prospettare a tutti noi (ma anche e soprattutto ai nostri giovani) la ridefinizione di un mondo globale davvero e il rispetto della vita in quanto tale.
Ecco, questo è il mio sostanziale augurio per tutti noi.