Sbirri, più o meno…
E questa è la rete, anche.
Siamo sicuri che questa sia la rete, e non la società nella quale viviamo e che facciamo finta provenga da un altro sistema solare? Siamo sicuri che questi atteggiamenti verbali siano presenti solo nei social e siano lontani dal nostro vivere quotidiano?
Io non ne sono poi così certo, anzi, credo proprio il contrario.
Come mai esistono persone che mai si sognerebbero di esprimere frasi di questo genere, tanto nella vita reale concreta quanto nella vita virtuale concreta della rete? Eh sì, perché in entrambi i casi si tratta di concretezza. Quando una persona scrive frasi simili lo fa perché sa che amici della propria pagina, oppure amici di amici, possono leggere quello che afferma. Dunque, smettiamola di dire che in rete il comportamento è diverso da quello reale, perché entrambi sono decisamente reali, frutto di atti di volontà personale. Si tratta dunque di sapere se questa volontà personale è disturbata mentalmente oppure no. Punto. Senza nessuna differenza se non quella dell’esagerazione, perché si crede, nella propria malattia come nella propria sanità, che un desktop possa limitare la propria responsabilità, possa alienare la coscienza.
Eppure, non è affatto così. Perché se lo fosse, nessuno di noi, me compreso (che sono molto social…), scriverebbe in rete.
Allora, il problema è un altro, e, dal mio punto di vista, molto più grave di quello che si tende a pensare.
Questo mondo sta andando male, nella sua più intima essenza umana, ossia nella ricerca di un sano equilibrio fra quello che si prova, si sente interiormente, e la valutazione ragionevole di questo sentire. E la colpa è di tutti coloro che, anche nei media, hanno per anni osannato le espressioni di pancia, sostenendo che fosse importante ragionare con l’intestino.
No, abbiamo una corteccia cerebrale, un’area frontale e pre-frontale, con le quali ci allontaniamo (in meglio… ma non sempre, evidentemente) dal regno degli altri animali considerati non umani. Forse non tutti si sono sufficientemente allontanati da questo regno, nonostante le sembianze simili all’Homo. E mi scuso, sinceramente, con qualche animale inferiore che fosse in grado di leggere e capire.
Non voglio offendere nessuno di loro, perché già come uomini stiamo diventando esperti nell’offendere, con i nostri comportamenti, l’intera evoluzione della specie.