Originali o banali?
È tutta questione di… limiti universali.
Nella mente di ogni individuo convivono quote di banalità e originalità.
Il processo che ci consente di metterci in relazione con ciò che non rientra negli schemi consueti e ci permette di parlarne si definisce come processo di significazione.
Ognuno di noi attribuisce alla realtà un significato che tenta di comunicare agli altri utilizzando questo processo che si sviluppa nel tentativo di ridurre la complessità a semplicità, ricercando la successione di cause ed effetti.
Anche nei rapporti umani si alternano complessità e semplicità e mentre tendiamo ad ammettere la presenza in noi di una grande complessità, nel giudicare gli altri siamo indotti a rifarci a stereotipi e preconcetti di una banalità disarmante. Ci sentiamo diversi anche nell’esperienza del dolore, perché il nostro è sempre “più dolore” rispetto a quello altrui.
In questo modo si manifesta in noi lo stile di vita, che è un sistema interiorizzato e stabilizzato di comportamenti visibili, frutto di atteggiamenti mentali che determinano le scelte durevoli nel tempo.
Lo stile di vita diventa un vero e proprio stile cognitivo tipico del singolo, ma inserito nel più ampio sistema culturale.
Una delle caratteristiche fondamentali di ogni stile di vita è il suo contenuto d’amore che si presenta, dapprima come innamoramento, e trasformandosi lentamente in amore vero e proprio.
Agli aspetti cognitivi come razionalità e intelletto occorre fare riferimento quando si voglia passare dall’innamoramento, precario e limitato, all’amore che dura nel tempo. Per mantenere vivo il sentimento occorre prendersene cura, vale a dire, dirottare le emozioni verso il partner e assumere in noi le esigenze altrui. Ma se tale processo appare scientificamente spiegabile mettendo in relazione la causa con l’effetto, tutto ciò non funziona quando finisce un amore. L’eccessiva semplificazione non approda a nulla e ciò che agisce in una coppia sono le dinamiche non visibili.
Il visibileinvisibile ha un ruolo importante anche nei riguardi della nostra identità, perché l’importanza del tempo è legata al nostro agire nel mondo, al nostro cambiare o al sentirci identici al passato.
Il tempo però non può essere scisso dall’idea di spazio.
Spazio e tempo sono due categorie della mente che mettono l’Uomo nella condizione di far parte del Tutto, senza ledere la libertà individuale. Su questo problema sono nate le teorie del libero arbitrio e del servo arbitrio. La scelta dell’uno o dell’altro influisce su quello che si intende per volontà personale, coscienza, responsabilità e quindi libertà. Se sono consapevole di essere parte del Tutto diventa legittimo mettermi in comunicazione con esso poiché evidenzio in lui la presenza di un progetto esistenziale. Il mondo integra ordine e caos ed entrambi diventano motori indispensabili per la creazione di un ordine migliore e nuovo.
Con la teoria della complessità si impara che i sistemi viventi sono creativi solo quando sono al margine del caos e che il nostro rapporto col mondo è regolato dalla conoscenza.
Ma la conoscenza è anche un universo di significato nel quale riveliamo il nostro stare nel mondo che coinvolge un altro sistema dotato di una forza fortemente vincolante e cioè la cultura.