È tutta questione di… distorsione della realtà.

Vedremo quale sorte subirà la nostra nazione tra qualche giorno, perché l’estate dura poco, e molto meno di quello che si crede quando la si attende. Settembre è alle porte, con tutti i nodi che cominceranno a venire al pettine: del governicchio attuale (che dovrà trovare sempre più espedienti per rimanere in carica, con l’appoggio del nostro Presidente della Repubblica – siciliano) e quello degli italiani, che avranno un autunno interessante e soprattutto problematico.

Una nuova stagione: all’insegna dell’eventuale ritorno di zio Covid-19, assieme all’influenza stagionale (perché un virus non esclude la presenza dell’altro…) e all’inizio del fallimento italiano, come cultura e come produzione industriale e nel commercio.

Ho la sensazione che forse gli italiani non hanno ben compreso che il governicchio sta producendo la svendita totale del made in Italy, con la cessione all’Europa di quei privilegi che renderanno la nostra penisola una vera e propria terra di conquista economica. Diventeremo un near west, realizzando quell’annientamento culturale ed economico tanto caro alle due vere nazioni sovraniste europee: la Francia e la Germania. La prima rappresenta il centralismo burocratico ed amministrativo migliore d’Europa, con le sue visioni megalomane e coloniale di qualsiasi rapporto politico, in base alle quali i francesi dominano il mondo europeo e non solo. La seconda è senza dubbio il motore economico d’Europa e la Francia sa bene che conviene dialogare e mantenere una forte alleanza con questa nazione storicamente problematica, sia socialmente che politicamente. Ho avuto occasione di confrontarmi proprio su queste opinioni con alcuni colleghi che lavorano all’estero, tanto in terra francese quanto in terra tedesca, e loro stessi mi hanno fornito questa chiave di lettura  che, appunto, condivido.

Resta l’Italia: da spolpare, perché rappresenta il vero pericoloso concorrente, con la sua tradizione manifatturiera, il turismo e la cultura. E, per poterla ridurre in schiavitù economica si devono comprare una serie di politici (di qualsiasi partito, perché in fondo, come dimostrano gli ultimi eventi relativi ai seicento euro, pecunia non olet) che, per il proprio benessere personale, esistenziale ed egoistico, certo non si preoccupano dei figli del popolo. I loro figli, statene certi, sono al sicuro dalla catastrofe, in qualche modo e comunque.

In questo scenario, ecco spiegato il titolo di questo mio articolo: dovremmo parlare di un vero e proprio distanziamento esistenziale fra le persone, causato proprio da questa sfiducia sempre più crescente nelle persone tra loro, e fomentata e regolamentata dalle istituzioni che non garantiscono quasi più nessuna forma di equità sociale.

Parlo di equità, non di uguaglianza.

Non esiste la differenza, la diversità fra le persone, perché, come dice un mio caro e stimato collega regista romano, non esiste l’uguaglianza.

Non siamo affatto tutti uguali, perché io non sono uguale a Palamara, a Salvini, a Renzi e alla Meloni, come non sono uguale affatto a Calderoli, Conte, Di Maio e Fico. Io, eventualmente, sono simile a tutti coloro che studiano, dubitano, cercano e desiderano il meglio per il mondo intero, con tutti i miei limiti. Se qualcuno, invece, si sente uguale i sopracitati figuri, non avrà certo problemi ad essere rappresentato da costoro in Parlamento, mentre io, come sempre, dovrò decidere con fatica a chi dare il mio voto, quando sarà il momento di andare alle elezioni (ed io ci vado presto, perché abito nella sinistrata e martoriata terra clientelare toscana…).

Dunque, carissimi vacanzieri (me compreso…) cerchiamo di non cadere nel distanziamento esistenziale e antropologico che stanno producendo questi nostri governanti, a tutti i livelli della rappresentanza politica, tanto nazionale che mondiale.

Ci rimane forse, ed ancora, il ricordo dei nostri nonni che ci hanno insegnato a non demordere, specialmente quando i tempi sono talmente bui che nemmeno le stelle del cielo riescono a rischiarare.

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