Lentamente, molto
È tutta questione di… semplicità universale.
Lentamente, molto lentamente…
Dallo strisciare a pancia in giù, passiamo nella posizione a carponi, e intorno ad un anno e mezzo riusciamo anche ad alzarci su due piedi, per camminare senza il sostegno dell’adulto.
Siamo legati ad un comandamento biologico fin dalla nascita che è quello di alzarci da terra, pur restando ad essa legati ed uniti, per cercare, allungando le nostre ossa giorno per giorno, di raggiungere il cielo.
Come tartarughe, ci dirigiamo verso il cielo che non raggiungeremo mai fisicamente e che è uguale per tutti, con le stesse stelle, anche se in alcuni luoghi queste possono essere più luminose e in altri meno. Il cielo, lo sappiamo tutti, nel suo essere silenzioso e non finito ha attirato l’attenzione di pensatori, filosofi e scienziati sin dall’antichità.
Lui c’è, esiste, mentre noi diciamo com’è. Il cielo semplicemente è.
Tutto ciò che ci circonda segue questa semplicità naturale, grazie alla quale quando cresciamo cominciamo, giorno dopo giorno, a interrogarci sul mondo intero, cercando di capire la sua origine, la sua evoluzione ed il suo traguardo. La crescita si presenta dunque come un costante e continuo processo di interrogazione al mondo, e comportandosi in questo modo la nostra mente cerca anche di capire in quale relazione essa si trova con quello che va scoprendo.
La conoscenza è in effetti tutto ciò che i nostri sei sensi (tatto, olfatto, udito, vista, gusto e spazialità), attraversano durante la loro esistenza, inviando al cervello i dati di questo incontro, affinché il cervello stesso riesca a capire cosa sta succedendo intorno a lui e dentro la persona. Un misterioso e fondamentale rapporto affettivo ci lega al mondo, come alle nostre sensazioni, senza del quale nessun individuo riuscirebbe a sopportare le situazioni dolorose.
Forse, renderci conto di questo processo potrebbe agevolare in tutti noi, giovani e adulti, una diversa consapevolezza, specialmente rispetto a ciò che riteniamo essere ad esclusivo appannaggio della propria individualità.
La mia, dunque, è solo una riflessione agostana.