È tutta questione di… equilibrio.

Ogni essere umano adulto non dovrebbe credere di essere troppo originale rispetto a tutto ciò che è presente nell’universo.

Eppure, sono ancora molte le persone che lo pensano, che ritengono di essere originali, e per questo indispensabili, tanto da credere che tutte le altre espressioni della natura possano essere sottomesse al proprio volere.

Non vi è nulla di più sbagliato di questa credenza.

Per alcuni individui il proprio mondo, necessariamente piccolo, è il mondo di tutti e per tutti, mentre la conquista più evolutivamente importante della nostra mente è quella di valutare le cose secondo una prospettiva che non sia solo la propria.

L’atteggiamento, che dimostra l’incapacità di decentrarsi rispetto al proprio piccolo mondo e che io trovo relativamente diffuso nella società occidentale globalizzata, è per me alla base del declino attuale della società stessa e noi tutti, con il nostro silenzio, stiamo assistendo a questa discesa contribuendo ad accelerarne la velocità.

Ma sono ormai molte le persone che cominciano a sentirsi inadeguate, inette e tristi di fronte ad una situazione che appare sempre più pericolosa per l’evoluzione della specie umana e di tutte le altre specie animali.

Di non minore importanza è quello che accade nei confronti del regno della flora, costantemente minacciato dalla spasmodica voglia di sfruttamento che molti uomini esercitano nei confronti della Terra, senza minimamente rendersi conto di viverci e, in fondo, doverle la propria sopravvivenza. È come se ci trovassimo di fronte ad un’umanità completamente disgiunta dalla natura alla quale è invece vitalmente legata.

Molto probabilmente, questo atteggiamento ha radici lontane nel tempo e ora sta contagiando anche la dimensione individuale umana, che non riesce più a trovare un valido motivo per cui si debba soffrire.

Sono sempre più convinto che sia necessario, secondo le proprie capacità e possibilità, che l’essere umano impari a cantare un’ode costante e continua al mondo, e a tutti i suoi abitanti. Penso anche che nessuno vorrebbe ridurre il nostro mondo a qualche cosa di spezzettato, in minimi termini, solo mercificabile, vendibile… come se vivessimo dentro un grande supermercato.

In passato, siamo stati vittime di un falso potere attribuito alla mente umana, secondo il quale si riteneva possibile capire la realtà, frammentandola e separandola dalla sua sorgente principale, ossia la Natura. Su questo convincimento abbiamo costruito il metodo occidentale di fare scienza, e lo abbiamo chiamato logica.

Anche questa è una credenza del tutto opinabile.

Se fossimo stati un po’ più attenti al procedere scientifico della cultura orientale, avremmo potuto accogliere anche una visione meno invasiva dell’uomo sulla terra.

L’uomo cataloga e organizza, cioè, i dati della realtà all’interno di atteggiamenti, giustificazioni, ideali e progetti. Egli interroga la natura, ma allo stesso tempo risponde ad essa, e, secondo criteri e processi, tenta di semplificare le cose per adattarla alla propria mentalità.

Anzi, direi che la mentalità è la storia di queste continue giustificazioni e dei ragionamenti che ne conseguono.

E forse dovremmo cominciare a produrre una nuova mentalità.

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