I valori
È tutta questione di… scienza utile.
Un valore è un principio radicato profondamente, oppure uno standard, che viene utilizzato dalle persone per giudicare il mondo, e in particolare per decidere che cosa sia desiderabile oppure significativo.
All’interno di ogni cultura, il grado di importanza di ogni valore è determinato dalla quantità di tempo che ogni individuo e gruppo sociale impiega in fatica per realizzare ciò che desidera.
Per esempio, qualora un adolescente dovesse rompere il proprio cellulare, e tornando a casa riuscisse ad ottenerne uno nuovo con una certa semplicità-facilità genitoriale, il valore del cellulare per questo adolescente sarebbe praticamente nullo. In effetti, egli non si troverebbe assolutamente nelle condizioni di dover adoperare la sua personale fatica personale per ottenerne uno nuovo, poiché è sufficiente l’assenso dei genitori di fronte alla sua richiesta.
Ecco perché il nostro cervello è biologicamente programmato per porre in relazione la quantità di fatica per ottenere un obiettivo con la gratificazione dopo averlo raggiunto. Si tratta del Sistema Mesolimbico Dopaminergico che si trova all’interno del nostro cervello.
Nel ritornare, quindi, al concetto di valore, possiamo, per esempio, affermare che la cultura statunitense è estremamente individualistica, perché, in genere, le persone reputano la libertà e l’autonomia individuale al di sopra della responsabilità collettiva e dell’impegno verso la comunità.
Al contrario, altre culture attribuiscono un valore assai maggiore al benessere familiare, oppure al più vasto bene collettivo, rispetto al traguardo individuale: i giapponesi, ad esempio, danno grande importanza alla solidarietà del gruppo e alla lealtà. E da questo tipo di atteggiamento culturale prende forma l’idea di che cosa significhi, all’interno della loro cultura, avere successo.
La Cina, nonostante abbia una forte tradizione collettivistica, nel XIX secolo ha iniziato un evidente cambiamento valoriale, e i cinesi sembrano ora avere un’idea della concorrenza molto più favorevole dei giapponesi e persino degli statunitensi.
Un altro aspetto decisamente importante legato ai valori consiste nella loro traducibilità in opere pubbliche e politiche. Per esempio, la percentuale relativamente bassa di tassazione che caratterizza gli Stati Uniti rispecchia qualcosa di più di una semplice avversione per le imposte: i cittadini statunitensi non tollerano l’intervento massiccio dello Stato nelle loro esistenze.
Una delle conseguenze più evidenti di questa intolleranza è la correlazione con un tasso relativamente elevato di povertà. Invece, in gran parte degli altri Paesi industrializzati dell’Occidente, l’individualismo è meno apprezzato, la percentuale di tassazione è notevolmente più alta, ma il tasso di povertà è altrettanto notevolmente più basso.
I valori variano tra le diverse culture, anche se le ricerche sociologiche dimostrano che alcuni di questi possono essere largamente condivisi all’interno delle diverse concezioni culturali.
Eccovi l’elenco di quelli condivisi a livello mondiale: potere; universalismo (ossia l’apprezzamento e la preoccupazione per le sorti dell’intera umanità); successo; edonismo (la personale ricerca di piacere); benevolenza (generosità e compassione); tradizione; auto-affermazione (la ricerca dell’emozione e della sfida personale); conformismo (il desiderio di integrarsi con gli altri e di non essere difformi); autodeterminazione e sicurezza.
E’ ovvio che l’importanza relativa di ciascun valore, all’interno di questo elenco, varia da una cultura all’altra, e non sempre questi valori coesistono facilmente. Per esempio, può risultare difficile attribuire lo stesso valore al potere e alla benevolenza, oppure alla sicurezza e l’autoaffermazione. Di conseguenza, ciascuna cultura attribuisce ai valori priorità differenti e ciò può essere motivo di conflitto tra di esse.
Per esempio, le culture teocratiche come quelle dell’Iran e dell’Arabia Saudita, governate e dominate da autorità religiose, attribuiscono importanza ai valori della tradizione e del conformismo. Non apprezzano quelli che ritengono, invece, i valori delle democrazie secolari occidentali (come l’autodeterminazione, l’auto-affermazione e l’edonismo) e pensano che in Occidente esista una diffusa promozione dei consumi, la prevalenza nei media di contenuti a sfondo sessuale e che tutto ciò alimenti un forte individualismo.
Questa differenza di priorità all’interno dei valori può determinare conflitti anche all’interno di una stessa cultura. Per esempio, le diatribe sul matrimonio fra persone dello stesso sesso sono in effetti conflitti sulle definizioni di matrimonio e di famiglia; quelle su come si debbano insegnare la Storia e l’Educazione sessuale nelle scuole fanno parte di conflitti più ampi legati rispettivamente al patriottismo e alla sessualità; oppure ancora, nel mondo dell’arte si scontrano spesso i valori relativi alla libera espressione con quelli della tradizione.
Si tratta di conflitti culturali e valoriali che si combattono soprattutto a livello di idee, anche se occasionalmente esplodono in atti di violenza: il mondo Lgbtq+ è spesso oggetto di vessazioni e attacchi, come peraltro lo è quello della cosiddetta normalità eterosessuale; gli attivisti estremisti, contrari all’aborto, hanno spesso ostracizzato i medici che lo praticavano e molti medici obiettori di coscienza, a loro volta, hanno limitato la libertà di scelta degli abortisti.
Nella nostra vita quotidiana, possiamo certamente trovare persone con posizioni diverse su qualsiasi problema della nostra attualità, sociale o politica che sia: dal matrimonio gay alle politiche di immigrazione, dalla riforma dell’assistenza sanitaria alla guerra contro il terrorismo, a seconda dei valori che si ritengono più importanti.
Eppure, nella maggioranza dei casi, le persone, pur differendo in quelli che considerano i valori essenziali o cosiddetti inderogabili, non sono necessariamente intolleranti verso le opinioni altrui. Sono relativamente molti gli studiosi che ritengono siano le élite politiche a mettere in evidenza le differenze di valori e a promuovere la polarizzazione dei conflitti e l’estremismo (Baker W.E., 2005, America’s crisis of values: Reality and perception, Princeton University Press, Princeton N.J.; Fiorina M., 2011, Culture war? The mith of polarized America, Longman Editions, Boston; Koch P.R., Steelman L.C., 2009, From molehills mountains made: An examination of red and blue state cultural stereotypes, in “Cultural Sociology”, 3(1): 165-189).
In realtà, i cosiddetti normali cittadini sono molto più ambivalenti rispetto alle proprie opinioni è molto tolleranti nei confronti di quelle altrui.