È tutta questione di… ritorno alle origini.

Una definizione interessante di religione è quella fornita da Emile Durkheim: un sistema unificato di credenze e pratiche rituali relative al sacro  che associa le persone in una comunità morale.

In quest’ottica, il concetto di religione non include alcun riferimento preciso al teismo, ossia ad una convinzione che esistano una o più divinità, siano esse immanenti o trascendenti. Il sociologo francese, dunque, considera religione anche il buddismo, che è da molti, me compreso, catalogato invece come una filosofia esistenziale. In effetti, il buddismo insegna ai propri seguaci come cercare l’illuminazione, attraverso una condotta morale, anche se tale ricerca non prevede necessariamente la convinzione che esistano forze soprannaturali.

Comunque si voglia intendere, la religione risponde ad una serie di funzioni socioculturali e dunque anche mentali:

  1. promuove la solidarietà sociale perché, quando le persone partecipano alle attività religiose, sono unite dalle stesse credenze e sviluppano quindi un “comune sentire”, proprio in base alla condivisione di queste credenze e di queste pratiche rituali. Gli aderenti ad una religione si considerano spesso membri di un gruppo favorito, come fossero “salvati”, “prescelti” oppure “illuminati”, percependosi, quindi, diversi da coloro che sono esterni al loro gruppo;
  2. costituisce una sorta di controllo sociale, perché promuove norme e valori che possono assumere un ruolo importante nei processi di socializzazione. I seguaci di una determinata religione devono aderire ad un codice etico, evitare comportamenti considerati immorali, peccaminosi, malvagi e dunque meritevoli di punizione. Queste regole vengono insegnate e promosse all’interno delle attività religiose, e possono trovarsi nei testi considerati sacri. Si tratta di un controllo particolarmente forte, perché i propri adepti sono convinti che tali regole siano direttamente emanate da una divinità, se questa religione ne prevede la presenza. Per esempio, nel caso della Bibbia, i comandamenti sinaitici possiedono un valore trascendente assoluto, superiore a qualsiasi altro costrutto etico di origine prettamente umano;
  3. è in grado di fornire ai credenti numerosi benefici di natura sociale e psicologica. Per esempio, credere in una trascendenza può attenuare le paure e le ansie su temi angosciosi, come la morte, la sofferenza fisica e l’impotenza di fronte ad eventi naturali catastrofici. Essa può dare forza a chi si trova alle prese con difficoltà esistenziali. Avere fiducia nell’intervento divino può produrre speranza e conforto, specialmente nei momenti di crisi. Ecco perché la religione fornisce risposte a grandi interrogativi, come l’origine della vita o lo scopo ultimo della stessa esistenza umana. Inoltre, il suo codice etico-morale offre una guida alla dimensione pratica dell’esistenza, riducendo l’onere di scelte individuali;
  4. infine, può motivare l’azione sociale. I principi e i valori che vengono appresi attraverso la catechesi religiosa possono indurre le persone ad agire in campo sociale e culturale. Alcune volte, queste azioni si concentrano sul proselitismo, dalle testimonianze porta a porta alle trasmissioni religiose, dal missionariato internazionale alle conquiste militari. Inoltre, queste azioni sociali possono estendersi fruttuosamente al volontariato, all’assistenza di individui che vivono in condizioni indigenti, contro il terrorismo e l’oppressione dei propri credenti. Poiché la religione fa leva su determinate convinzioni morali, i credenti perseguono anche l’idea di una giustizia sociale immanente, ossia realizzabile anche nella vita di tutti i giorni.

La religione, però, può contenere anche elementi disfunzionali.

Ad esempio, la solidarietà sociale che promuove può condurre a forme di intolleranza nei confronti di altre credenze e alimentare il conflitto tra le fedi. In modo analogo, l’insieme di norme e valori che la religione promuove possono stimolare la creazione di una rigida ortodossia, impedendo quei cambiamenti necessari al mutare delle circostanze esistenziali.

Fa parte della storia della Chiesa Cattolica la sua opposizione alle scoperte scientifiche che contrastavano con la dottrina religiosa. Più recentemente la stessa Chiesa si è dimostrata assai lenta nel riconoscere e nell’affrontare il decennale problema degli abusi sessuali perpetrati dai sacerdoti sui minori.

Bene, penso che queste riflessioni dovrebbero far parte della nostra consapevolezza, e ve lo scrive una persona che si reputa cattolico-praticante, con una certa dose di fierezza. Eppure, è necessario, secondo me, mantenere un certo equilibrio anche, se non soprattutto, nella professione del proprio credo.

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