È tutta questione di… prospettiva.

Il passato, presente e futuro sono azioni della nostra mente.

Sono idee, scenari, realizzati dal nostro cervello, dal suo funzionamento. Sono utili espedienti esistenziali con i quali ordiniamo le nostre esperienze.

È così che inventiamo il tempo, considerando quello che eravamo attraverso la memoria di quello che ricordiamo di noi stessi, delle situazioni che abbiamo vissuto (passato), e di quello che pensiamo essere ora (presente) per cambiare in avvenire (futuro).

Viene così a crearsi un vero e proprio spazio tridimensionale: il luogo della nostra mente in cui abitano le esperienze passate, quelle attuali e l’immaginazione di quelle future.

Sono stati Wassily Kandinsky (1866-1944) e Paul Klee (1879-1940) a intuire l’importanza di questo spazio mentale, sostenendone per primi il valore rispetto a ciò che crediamo essere la nostra realtà.

Non è chiaro, nemmeno oggi, cosa si debba intendere con il termine realtà.

E la colpa di questa difficoltà è anche di Pablo Picasso (1881-1973). Con i suoi cubi, egli ha destrutturato completamente la realtà, così come veniva rappresentata sino ad allora. Ma non è stato il solo. Prima di lui, Paul Gauguin (1848-1903) è ritornato antropologicamente a una pittura bidimensionale.

Così, questi due grandi artisti, ancora oggi ci dicono: «Attenzione! I punti di vista sulle cose, attorno alle cose e anche alle persone, sono molti. E forse, sono persino tutti validi, oppure tutti fasulli. Sta a voi scoprirlo, magari cercando di intuire qual è quello che più vi rappresenta».

Ma il dibattito sulla realtà non finisce con loro.

Nello stesso periodo, Paul Cezanne (1839-1906), con maggiore determinazione e forse anche con maggiore consapevolezza, ha variato la prospettiva, costringendoci a considerare ogni sua opera da ottiche di percezione diverse.

È così che si è fatta strada, nel nostro Occidente, un’idea cardine e rivoluzionaria: l’essere umano, per il solo fatto che esiste, altera il punto di vista. E se ne scoprono davvero molti: infiniti, diremo.

E poiché tutte le cose sono collegate fra loro, «e non è possibile cogliere un fiore senza turbare una stella» come ha ricordato Galileo Galilei nel XVII secolo, nel 1905 l’umanità approda con Albert Einstein alla Teoria della relatività. E da allora in poi il tempo, poiché dipende dallo stato e dal moto dell’osservatore, non è più stato sincronizzato secondo un unico punto di vista. Si tratta di una rivoluzione vera e propria, che rimodella totalmente l’intera visione del mondo e della vista stessa.

Infine, arriva Salvator Dalì (1904-1989) a introdurre la bidimensionalità.

Le ore dei suoi orologi molli sono diverse fra loro, perché il tempo si scioglie, si allunga, si dilata e non rappresenta più una successione lineare di falsi istanti.

Ecco, con queste considerazioni, dal 24 febbraio 2022 in poi siamo entranti, ancora una volta, in un modo nuovo, che sembra presentarsi peggiore.

Perché sembra tale?

Perché le cose sono cambiate radicalmente: le visioni, le prospettive e specialmente i sentimenti di reciproca fiducia tra le nazioni.

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