Le credenze
È tutta questione di… precisione.
Nel precedente articolo, abbiamo visto come i valori all’interno di una cultura siano, in genere, quell’insieme di principi ad ampio respiro che governano implicitamente, o relativamente in modo esplicito, il modus vivendi di quella cultura stessa.
Le credenze, che fanno parte del sistema della cultura, possono essere definite come tutte le specifiche convinzioni, oppure opinioni, che la maggioranza delle persone considera essere vere.
Sono proprio queste credenze culturali che ci incoraggiano a comprendere i problemi fondamentali del mondo all’interno del quale viviamo, secondo una prospettiva che possiamo definire particolare.
Alcuni esempi di credenza possono essere le risposte alle seguenti domande: a) la democrazia costituisce la miglior forma di governo?; b) il matrimonio si deve fondare sull’amore oppure su un accordo economico?; c) che cosa intendiamo con la locuzione “avere successo nella vita”? d) è giustificabile ricorrere a forme di aggressività quando si vuole perseguire un obiettivo che consideriamo importante?; e) tutte le persone, in questo mondo, sono state create uguali?; f) esiste Dio?
In effetti, a ben vedere, le risposte che ognuno di noi fornisce a queste domande dipendono in parte dalle proprie credenze individuali e culturali, proprio perché condivise all’interno di una precisa area geografica e storica. In sostanza, credenze e cultura sono due elementi del vivere quotidiano che si influenzano reciprocamente.
Ad esempio, l’ultima di queste credenze, ossia quella relativa all’esistenza di un Dio, è particolarmente significativa in alcune culture e meno in altre, e vi sono dati scientifici, a questo proposito, davvero interessanti.
In genere, l’importanza della religione in una cultura diminuisce con il crescere del livello di istruzione e del benessere materiale. I dati che provengono da una ricerca internazionale del Pew Research Center del 2019 (www.pewglobal.org) ci rivelano, in effetti, che i paesi più poveri tendono ad essere più religiosi, mentre quelli ricchi meno, con la sola eccezione degli Stati Uniti.
Quest’ultima nazione, pur essendo molto ricca, presenta una popolazione che tende ad essere molto più religiosa di quanto potrebbe indicare, invece, la ricchezza relativa della sua popolazione. Oltre l’80% degli intervistati, ha affermato che la religione è importante, aumentando la percentuale rispetto a quella degli altri Paesi ricchi, esaminati nella stessa ricerca.
La ricerca dimostra che, prendendo come indicatore di religiosità la frequenza con la quale si prega quotidianamente, risulta che questa pratica è assai più rara nei Paesi con livelli di ricchezza elevati e viceversa. In ogni Paese preso in considerazione nella ricerca, con un PIL pro-capite superiore a 30.000 $, mediamente meno del 40% degli adulti afferma di pregare ogni giorno, con l’eccezione degli Stati Uniti dove il dato sale al 55%. Quindi, tra i 102 paesi studiati, gli Stati Uniti sono l’unico con un livello di preghiera e di ricchezza inversamente correlati.
Invece, quasi tutti i Paesi dell’Africa subsahariana, che hanno un PIL pro-capite inferiore a 10.000 $, presentano tassi di preghiera quotidiana superiore alla media. I Paesi europei hanno PIL pro-capite molto diversi tra loro, ma l’unico con un tasso di preghiera giornaliera pari o superiore alla media globale è la Moldavia, che presenta il PIL pro-capite più basso d’Europa.
L’unico Paese della regione del Medio Oriente-Nord Africa dove meno del 50% degli adulti prega ogni giorno è Israele, con un PIL nettamente più alto rispetto agli altri Paesi della regione.
Questa ricerca, in effetti, ci permette di riflettere e meditare con cognizione di causa su alcune credenze che appartengono alla nostra Nazione.