È tutta questione di… educazione permanente.

Nessun essere umano, prima di nascere, chiede di nascere.

Nessuno chiede di abitare per nove mesi in quel particolare utero, all’interno di quella specifica famiglia, con quel preciso padre.

Nessuno chiede di venire in questo mondo in una precisa geografia, in un territorio, né tanto meno si chiede di nascere in un reciso periodo storico.

Tutti noi viviamo, nonostante la nostra volontà e proprio in questa dolenza-nolenza si manifesta il mistero della vita.

In questa situazione, che peraltro accomuna tutti gli esseri umani sulla terra, come si può credere effettivamente di scegliere se adottare un atteggiamento fideistico contrapposto ad un atteggiamento ragionevole? Entrambi sono comunque espressione di quanto ci si rende conto di essere liberi rispetto al passato di cui siamo figli, oppure rispetto al futuro che vogliamo realizzare.

Sia coloro che hanno fede nel limite umano, e dunque hanno fede in un Dio, sia coloro che dimostrano la fede verso il progresso della scienza, vivono senza il contributo della loro volontà. Nessun individuo appartenente a questi gruppi può permettersi il lusso di decidere se domani mattina vedrà la luce del sole, perché il risveglio è affidato al funzionamento del sistema nervoso centrale e periferico che governano, al di là della volontà personale, la possibilità di rimanere in vita.

Anche quando si sostiene che in futuro la scienza potrà scoprire nuove tecnologie per migliorare la nostra qualità di vita, si compie un grande atto di fede. Con esso si crede di poter guadagnare il tempo affidato al futuro attraverso i meriti della nostra ricerca. Ma questa è solo una delle ipotesi possibili, perché nessuno di noi è mai padrone della propria vita, mentre, credendo di esserlo si sente anche padrone di quella altrui.

Ecco, allora dove sta il problema: essere padroni della vita altrui, sulla base di un errore secondo il quale si ritiene di essere padroni della propria vita e del proprio presente.

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