È tutta questione di… semplicità universale.

È auspicabile credere di pensare con la propria testa?

Direi proprio di no, perché non biologicamente verosimile, perché il nostro personale sviluppo mentale avviene sempre in relazione agli altri, fin dai primi momenti di vita.

È fisiologicamente un’assurdità ritenere che possa accadere qualcosa di simile, quando il nostro corpo è espressione di un sistema in cui tutte le singolarità di cui è composto concorrono a formare un sistema perfetto dove tutto ciò che accade è necessario alla vita del sistema stesso.

Si pensi alla gestazione nell’utero materno.

Dopo la venticinquesima settimana, quando lo splancocranio è già attivo e formato, crediamo di pensare con la nostra testa? Oppure, come la natura ci indica, pensiamo fondamentalmente con la testa di nostra madre? Qualcuno potrebbe obiettare che a quell’età non si può ancora parlare di pensiero; forse è anche vero, nonostante non lo si possa sostenere con prove sperimentali perché non abbiamo ancora scoperto gli strumenti che ci permettono di valutare la presenza, o meno, di un pensiero fetale. È però verosimile che si possa parlare di «inizio di pensiero», o protopensiero, visto che il feto comincia a reagire cerebralmente alle situazioni ambientali, cioè uterine, che la madre propone.

Anche da un punto di vista «territoriale», ossia del luogo nel quale ci si trova a vivere, l’utero materno, il feto è dipendente dalla vita della madre. La madre, che vive il proprio quotidiano e prova le emozioni che tali azioni le suscitano, trasferisce al feto quelle stesse reazioni emotive che prova, attraverso un sofisticato meccanismo neuro-fisiologico. In queste condizioni si passano nove mesi della nostra vita e mi sembra evidente che, data la limitazione delle esperienze spaziali che si possono compiere all’interno dell’utero materno, le nostre primigenie reazioni emozionali dipendono da quelle della madre.

Se l’obiettivo della crescita personale fosse quello di pensare con la propria testa e basta, la natura non ci avrebbe messo nelle condizioni di essere corpo di un altro individuo.

Siamo figli di una relazione affettiva e biologicamente determinata, e mai potremmo negare questa relazione che è alla base del nostro benessere generale, sia personale che sociale. Diffidiamo, dunque, di coloro che credono di aver raggiunto un tale livello di autonomia mentale, da ritenere di pensare quasi esclusivamente con la propria testa.

In realtà, si tratta di persone che non soltanto si sentono sole, ma sono sole.

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