È tutta questione di… realismo

Nei precedenti articoli abbiamo visto come il sistema della cultura permetta di definire il nostro mondo, fornendo modelli di atteggiamenti e comportamenti che sono ritenuti più appropriati da adottare e mantenere nel tempo. Ad esempio, proprio questo sistema fornisce i comportamenti di riferimento circa il nostro modo di vestire e di parlare, le nostre idee su coloro che possono suscitare ammirazione o disprezzo, le modalità con cui viviamo un determinato lutto, oppure celebriamo le festività.

Ognuno di noi vive immerso all’interno della propria cultura, a un punto tale che è difficile cogliere i fondamenti che ne costituiscono la base. Gli antropologi culturali, insieme ad una quota di sociologi, affermano che per conoscere gli aspetti più reconditi di una qualsiasi cultura (e forma di potere…) è necessario osservare tutto ciò che all’interno di quel sistema viene dato per scontato.

Insomma, l’ovvio e il normale devono essere attentamente indagati per comprendere ciò che regge l’articolato sistema culturale di ogni popolazione, oppure di gruppi di essa.

Un metodo assai fruttuoso per comprendere il rapporto fra cultura e potere è lo studio del sistema ideologico che regge tale rapporto.

Il termine ideologia è senz’altro un vocabolo insidioso al quale vengono attribuite molte e diverse connotazioni. Da un punto di vista generale, gli antropologi e i sociologi affermano che l’ideologia è un sistema di significati e significanti che aiuta a definire e spiegare il mondo, con la possibilità di formulare giudizi di valore su di esso.

All’interno di ogni cultura esiste un’ideologia che potremmo definire generalizzante e generalizzata, ossia un insieme di affermazioni ampiamente condivise, che vengono regolarmente rafforzate e che generalmente sostengono il sistema sociale, perché utili agli interessi dell’autorità e del potere. Alcuni sociologi tendono a definire questo sistema con il termine dominante, ma personalmente preferisco non attribuire un giudizio di valore gerarchico.

La presenza di un’ideologia generalizzante e generalizzata, che potremmo definire anche di massa, non esclude l’esistenza di visioni ideologiche alternative. Anzi, le diverse prospettive ideologiche, che rappresentano interessi diversificati e dotati di vari gradi di potere, sono profondamente coinvolte all’interno di una sorta di disputa socioculturale continua e cangiante.

Ciò che è importante sottolineare, dal mio punto di vista, è il fatto che alcune idee e pratiche ci sono talmente familiari che esaminarle in modo critico, o immaginare ad esse delle alternative, ci risulta oltremodo difficile. In effetti, nel considerare come la cultura si esprima attraverso l’ideologia dobbiamo ricordare che molte nostre affermazioni e pratiche sono dettate da ciò che viene definito buon senso (l’insieme delle cose che diamo per scontate, valide e giuste), e che indicano, in realtà, un modo particolare di intendere il mondo sociale, con la presenza di conseguenze importanti.

Ad esempio, in Europa e in generale nel mondo occidentale, molte persone credono che sia una questione di semplice buon senso la pratica educativa dei figli affidata alle femmine umane, piuttosto che ai maschi umani, e che l’istruzione sia il mezzo migliore per ottenere un successo economico. Questa visione è frutto di un insieme di credenze, che vanno a formare l’apparato ideologico educativo generale, ma che traggono origine dalla tradizione storicamente determinata di quella stessa cultura, in assenza di una riflessione sul valore educativo che potrebbe svolgere il maschio.

Ecco perché, come ci ricorda Stefania Contesini nel suo ultimo testo (che sto proponendo a coloro che mi seguono nella piattaforma Patreon) allenare il pensiero pratico significa innanzi tutto attivare in noi il pensiero riflessivo.

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