È tutta questione di… povertà mentale.

Partiamo dalla lettura di questo articolo, e le considerazioni potrebbero essere molte.

Voi tutti sapete, però, che tento di dare una spiegazione antropologico-mentale nelle mie riflessioni, ossia cerco di leggere i comportamenti umani, compresi quelli intellettuali, alla luce delle teorie dell’evoluzione e della mente, e secondo una prospettiva teleologica.

Certo, la prospettiva è personale, anche se rinvenibile in alcuni aspetti in una scuola di pensiero definita darwinismo teista.

Allora, ecco cosa penso rispetto alle vicende che stanno caratterizzando la vita di un Movimento para-politico italiano, i Cinque Stelle (ossia, Stalle), che sembravano essere il prototipo del cambiamento. E, forse, a livello locale, seppure con esponenti di dubbia capacità cognitiva, sono forse riusciti a fare qualche cosa di buono. Non lo so precisamente, perché non è possibile seguire ciò che avviene in Italia a livello comunale e territoriale. È lecito, però, supporre che una geografia di intervento ridotta possa favorire l’assunzione di comportamenti politici più seriamente coerenti con le premesse e le promesse elettorali.

A livello nazionale, le cose stanno in altro modo, proprio come si deduce dall’articolo al quale mi riferisco. Per portare avanti un progetto di rinnovamento nazionale non è certo sufficiente la buona volontà, mentre si dovrebbe ragionare sulle idee che davvero convincono un popolo desideroso di avere un futuro realizzabile di fronte a sé. Ora, se prendiamo come riferimento gli avvenimenti e le condizioni esistenziali nelle quali si trovano Torino e Roma (esempi poco locali, in nome della grandezza urbanistica delle città), ci rendiamo conto che le due femmine umane che governano queste due città, sono un sostanziale fallimento antropologico e, dunque, mentale.

Torino e Roma sono l’emblema dell’attuale fallimento del Movimento (che tutto fa, tranne che muoversi e muovere) a livello nazionale, esattamente come accade per gli altri partiti italiani, e di tutto l’arco costituzionale.

Dunque, la crisi è appunto sociale, antropologica e dunque culturale. E quando utilizzo il termine culturale, mi riferisco al concetto di cultura, intesa come quell’insieme di atteggiamenti e disposizioni mentali con i quali un popolo, geograficamente e storicamente determinato, affronta le sfide della realtà. Affrontare queste sfide significa possedere gli strumenti cognitivi ed etici per mediare, attendere, procedere per piccoli passi confermando le proprie convinzioni etico-morali.

Bene, queste cose non fanno parte di un Movimento che è senza substrato cognitivo, ma raduna un’accozzaglia di dilettanti allo sbaraglio, salvo poche persone che, come nel caso della situazione degli europarlamentari di cui si parla nell’articolo citato, credono fermamente nei valori ambientalistici come unica salvezza dell’umanità.

Ecco perché, necessariamente, devono trovare un altro luogo politico dove albergare: senza una reale, concreta e storica adesione a valori antropologici universali, non si va da nessuna parte, proprio come dimostrano gli attuali politici.

Tutti, nessuno escluso e questo è il nostro dramma attuale.

Non abbiamo alcun santo terrestre a cui votarci.

Certo, piangiamo Maradona… e questo ci basta.

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