Tempi cupi a Barcellona
A Barcellona, la capitale della Catalogna, la Comunità autonoma di Spagna mossa da forze interne separatiste, la protesta e lo scontro sono ritornati per le strade. È stato un tranquillo, tesissimo, pomeriggio autunnale, con le temperature ancora estive e la luce liquida e splendente (quella che Antoni Gaudì diceva come la più pura del Mediterraneo) a ridisegnare la forma della città e del suo orizzonte marino. Non è mai bello vedere una città graziosa e ordinata come Barcellona (colpevole della mia permanenza spagnola) squassata dal fragore delle sirene della polizia che carica i dimostranti indipendentisti, colpevoli di avere aggredito un migliaio di agenti, in borghese e disarmati, mentre manifestavano per chiedere un aumento salariale che non arriva da cinque anni.
È stato il rancore a muovere un gruppo di indipendentisti, una falange fuoriuscita dalla Sinistra Repubblicana e Comunista di Catalogna, contro gli agenti della Policia e della Guardia Civil. A quei dodici mesi di distanza dal 1-0 2017, il rancore ribolliva incontrollabile dal referendum finito in guerriglia. In quei giorni di storia contemporanea, il Governo centrale di Madrid ordinò ai suoi agenti il pugno di ferro: nessuno doveva entrare nei seggi, perché quel referendum che stavano celebrando era stato dichiarato illegale dalla Corte Costituzionale. Il Governo perse il polso della situazione, così gli agenti bastonarono indistintamente ragazzi, anziani donne. Si confrontarono a spintoni anche con gli stessi agenti della polizia regionale, i Mossos d’Esquadra: io stesso ho filmato un ufficiale della Guardia Civil malmenare un Mossos catalano). Le immagini dei volti insanguinati dei barcellonesi che volevano votare (a parte quella false prodotte dall’industria delle fake news) le abbiamo viste chiaramente tutti. Nessun agente è stato condannato per abuso di violenza, come accadde a Genova per il G8. È rotolata la testa soltanto del capo della polizia catalana, accusato di avere disobbedito alla Policia Nacional e di avere ordinato ai suoi Mossos (che in catalano significa ragazzi) di non obbedire e di non usare la violenza contro i barcellonesi.
Il rancore degli indipendentisti è esploso oggi puntuale. La folla ha lanciato bombe di vernice in polvere su caschi e divise antisommossa della Policia e li ha chiamati invasori. Secondo i sindacati della polizia nazionale spagnola, un agente catalano guadagna una media di seicento ero in più rispetto a loro che, spesso, sono chiamati a fare il lavoro più sporco, quello che li rende antipatici.
Lunedì sarà il primo anniversario dei referendum illegale per l’indipendenza della Catalogna finito in guerriglia urbana. Odio e rancore serpeggiano nella società catalana che non ammette la polizia mandata da Madrid, che la ritiene “una forza d’occupazione”. Ricordo che, in base alla divisione amministrativa, la Catalogna ha un corpo di polizia suo 8i Mosso d’Esquadra), una polizia molto evoluta e ben attrezzata che usa da anni tecnologia e molti uomini presenti sul territorio. Poi ciò la Policia Nacional che ha potere su tutta la comunità catalana e coordina i osso e la Guardia Civil. Il primo ottobre del 2017 i Mossos, che giocavano in casa, furono in larga parte renitenti a usare la violenza (e anche a intervenire) sui barcellonesi che andavano a votare al seggio.
La parte più violenta dei separatisti oggi ha atteso il corteo dei poliziotti per provocare attaccarli, i Mosso sono dovuti intervenire con varie cariche che hanno spaventato molti turisti sula Via Laietana, una strada che scende fino alla spiaggia cittadina. Questa non è la mia Barcellona, né la mia Catalogna e la mia Spagna. Si può convivere con tre anime differenti e simili, lo sostengo da sempre. Perché usare la libertà come arma per affrancarsi da uno Stato dipinto come una tirannia è una canzonetta stonata e ripetuta che non funziona più. E, infatti, i sondaggi confermano la maggioranza dei catalani che si sentono anche spagnoli e che non vogliono staccarsi dalla Nazione. Ma soltanto un po’ più di libertà fiscale perché alla fine, tutte le rivoluzioni si sono combattute per la libertà…di pagare o non pagare meno tasse.