Le mura invalicabili della Spagna
Da una parte poco meno di diciassette metri quadrati, dall’altra quasi tredici. Terreno spagnolo incastonato nella punta nord del Marocco, detto anche enclave o porto franco, soggetto alle leggi del Regno di Spagna e alle norme della Ue. Un terra promessa protetta da sette metri di reti in acciaio, filo spinato, vedette con militari cecchini, telecamere e persino l’occhio del satellite. Fino a una ventina d’ani fa era il colabrodo da cui passava il flusso di migranti subsahariani che, poi, raggiungeva le coste spagnole o francesi. Oggi è un confine invalicabile, segnato dal sangue di migliaia che ci hanno provato e, spesso, lascia la pelle, perché sia la Policia spagnola che quella marocchina, non fanno sconti a nessuno. Ceuta e Melilla sono un non luogo. Qualcosa difficile da concepire. La porta dorata, ma sorvegliatissima per l’Europa, per una nuova vita, un lavoro, un futuro sicuro per chi fugge da una dittatura, perché di guerre, a parte il Medio Oriente, in Africa non ci sono più dagli anni Novanta.
Negli ultimi anni, gli assalti alle reti da parte del flusso di migranti, pronti a tutto, sono diventati più frequenti e violenti. E anche ben organizzati, quasi da una mente di stratega, come quello dello scorso settembre, quando si presentarono quasi in mille davanti a trenta poliziotti spagnoli, divisi da sette metri di muro. I migranti si presentarono con ogni genere di arma contundente, sassi, bottiglie (piene di feci, urina e anche sangue) e le cesoie. Mentre in duecento lanciavano merda, sassi, sangue e urina contro i poliziotti, altri a decine aprivano varchi nella rete tagliando le maglie. Altri distraevano i cecchini col lancio di sassi, mentre a centinaia iniziavano e entrare nella zona franca attraverso i varchi o scalando le reti.
Si scatenò una battaglia tra disperati e autorità, tra Occidente e Subsahara. Ci furono un centinaio di feriti tra i migranti, e sette morti. Una decina di agenti feriti che, vista l’entità dell’assalto, triplicarono a novanta uomini, con il permesso di sparare coi fucili a palle di gomma sui migranti che cadevano come mosche dall’alto e dal basso. Dopo una giornata intera di combattimenti e respingimenti, ci fu la caccia all’uomo all’interno dei diciassette metri quadrati di Ceuta: furono recuperate quasi settecento persone, di queste una decina aveva diritto all’asilo politico. Gli altri furono ben bastonati dalla polizia spagnola e poi marocchina e buttati dall’altra parte della rete.
Altri attacchi sono avvenuto anche a ottobre e si ripeteranno. Il Governo di Madrid negli ultimi vent’anni ha investito quasi sette miliardi di euro per proteggere Ceuta e Melilla, utilizzando anche costosi satelliti che monitorano i flussi dei migranti. Dalle due enclavi marocchine passano davvero in pochi. C’è chi riesce a corrompere la corruttibile polizia marocchina, mentre chi sgarra tra quella spagnola si becca vent’anni di carcere. Sono stato un paio di volte da quale parti: i poliziotti temono attacchi sempre più violenti e con una massa enorme di persone inferocite e chiedono più mezzi e uomini a Madrid che, invece, sta tagliando le spese. Gli abitanti spagnoli delle due enclavi hanno tutti origini arabe o africane. Ad alcuni di loro i clandestini fanno comodo: o li assumono come schiavi o li aiutano (dietro grosse somme di denaro) a raggiungere la Spagna o il Portogallo o la Francia. I migranti fanno paura, fanno comodo.