Spagna, il bipartitismo è ormai un de profundis
La Spagna ha perso il vizio del suo storico e granitico bipartitismo. È da quando si sono affacciati sulla scena politica iberica i partiti populisti, quelli nati dal basso, nel ventre multimediale delle chat e dei social, che manca una stabilità politica che garantisca quattro anni di legislatura senza ribaltoni.
L’arrivo sul proscenio di Unidos Podemos (UP), il movimento di ex Indignados diventati un partito di sinistra, contro le multinazionali e le banche, guidato dal professor di diritto della Complutense di Madrid Pablo Iglesias, codino da tanghero e jeans e camicia in Parlamento. Poi, dalla parte opposta, gli ex Indignados catalani, cattolici, moderati, borghesi, quelli di Ciudadanos (Cs) al seguito di Albert Rivera (che curiosamente sembra la goccia d’acqua del nuovo segretario del Partido Popular Pablo Casado). Questi due partiti nati dalla protesta negli anni più rappresentativi della crisi finanziaria, hanno eroso voti sia a sinistra che a destra, conquistandosi il loro 12 e 18 per cento, tanto da essere l’ago della bilancia, da diventare alleati indispensabili per prendersi o almeno avvicinarsi alla maggioranza.
L’ultimo governo socialista, quello di Pedro Sánchez, franato sotto le testate dei partiti separatisti catalani (PdCat ed Erc) governava con l’aiuto esterno di Podemos con 84 seggi in Parlamento su 350. Le previsioni per le prossime elezioni legislative spagnole (le terze dal 2015) vedono in vantaggio i socialisti (Psoe) al 24 per cento, seguíti dai Popolari (PP) al 21 per cento: sono stime che ci confermano per la terza volta che i due storici partiti delle grandi alternanze durante quarant’anni, ora sono costretti a costruirsi alleanze fondamentali per governare. L’armata della destra iberica, ovvero PP + Cs + Vox, il movimento politico di estrema destra, rinato con l’exploit delle elezioni regionali in Andalusia, dovrebbe ottenere tra i 170 e i 174 scranni nell’emiciclo madrileno, cosa che gli permetterebbe di governare con una maggioranza, un po’ rosicata. Per la sinistra spagnola, invece, le cose stanno diversamente: Psoe + UP rimarrebbero sotto la maggioranza di parecchi punti, anche con un uovo eventuale, ma non più scontato, appoggio dei partiti separatisti catalani (che hanno già tradito i socialisti negando il “sì” al bilancio 2019) e baschi (sempre freddi con il Psoe).
Le stime, ovviamente, non sono perfette, ci sarà qualche punto ballerino in più e in meno tra Podemos e Ciudadanos. Inoltre, Vox potrebbe passare dal suo 10/11 per cento al 14/15 per cento, alimentato dalla luna onda di dura reazione unionista che sta avendo la Spagna, dopo le vicende della Generalitat della Catalogna che, se non proprio ha realizzato un colpo di stato nell’autunno del 2017, ci è andata molto vicino, finendo commissariata. Ma la Spagna che uscirà dalle urne del 28 aprile, sarà molto instabile, quasi ai limiti della governabilità. Perché il bipartitismo è ormai un de profundis.