Migranti, l’ostinazione delle Ong spagnole con l’Italia
Ormai è più che cristallino. Le Ong spagnole (e non solo) hanno dichiarato guerra all’Italia con le loro navi battenti bandiere di altri Paesi. Come sta dimostrando Open Arms, una organizzazione catalana che rifiuta di farsi intervistare se sei un giornalista italiano, ovvero persona pericolosa che fa troppe domande scomode, del tipo: Chi è che vi finanza? Si può avere una lista dei vostri finanziatori? Nada! Nessuno parla, rispondono soltanto che non hanno tempo da perdere: devono salvare altre vite.
Basterebbe deviare di qualche ora di navigazione e le navi salvavita delle Ong iberiche, tedesche, olandese e compagnia bella potrebbero attraccare a Marsiglia o a Barcellona. Nada! È l’Italia il porto più comodo e vicino. Le autorità italiane devono aprire i porti, indipendentemente dalle leggi di navigazione, territoriali e di sicurezza nazionale. Mi chiedo: dove erano le Ong spagnole battenti bandiere straniere nella crisi umanitaria dell’estate del 2008 quando alle Isole Canarie sbarcavano mille persone a settimana e il doppio di questi disperati affogava navigando su zattere e barchette scassatissime mentre tentavano di risalire dalla fascia subsahariana navigando nell’agitato Oceano Atlantico? Con il numero di migranti che si dimezzava per affogamento, dove erano le Ong? Dove erano le capitane coraggiose? Se il Mediterraneo è la tomba dei migranti, allora la fascia Atlantica di mare davanti a Nigeria e Guinea-Bissau, proseguendo per la Mauritania e Senegal è un mausoleo di africani affogati e le Ong che ora navigano nel comodo Mediterraneo non hanno mai operato da quelle parti. Forse avevano paura della Marina di Spagna, la Envincible Armada che il socialista progressista Zapatero aveva schierato, creando una maglia quasi impenetrabile che poi veniva bucata da queste migliaia di zattere. Zattere non navi, prive di trafficanti di uomini, ma abbandonate a se stesse, senza l’aiuto a pagamento dei libici che operano solo nel Mediterraneo. Allora mi deduco che a orchestrare i flussi di migranti dalla fascia subsahariana non ci sono scafisti e trafficanti arabi e, tu guarda, non ci sono nemmeno le Ong che raccolgono i migranti spediti nelle acque da chi si arricchisce in modo vergognoso. È dunque correlata l’attività di Ong e trafficanti di uomini? Perché dove ci sono questi ci sono anche le Ong. Mentre nell’Atlantico c’erano soltanto le zattere di questi disperati che partivano in modo drammaticamente autonomo, destinati per lo più a morire. La cronaca e la storia lo confermano, (anche i mille articoli che scrissi per Il Giornale in quell’estate). Ora che la rotta subsahariana è chiusa, grazie al pattugliamento delle marine spagnole e portoghesi, dal 2010 il cammino migliore verso l’Europa è risalire fino all’Africa araba, e finire nelle mani dei libici che operano liberamente in quello che è un non-Stato, sconvolto e coinvolto in una guerra intestina dove la polizia prima obbedisce all’Italia (dietro un lauto compenso), impedendo, quindi, le partenze e poi si fa corrompere dagli scafisti, girando lo sguardo altrove.
La rotta atlantica che costeggia l’Africa settentrionale è stata abbandonata, oggi il flusso di migranti si concentra nel Mediterraneo con una proliferazione di Ong e di trafficanti d’uomini che utilizzano la stessa premiata tecnica, come mi confessò un ex trafficante di uomini ad Alicante anni fa: si stipano per mesi i migranti in luoghi lager, poi si compra la nave più scassata dai pescatori, si attende che il mare sia calmo (l’estate è la stagione migliore) e poi si parte. Quando si entra nelle acque italiane si lancia l’SOS con un telefono satellitare e si aspetta una Ong o una nave militare italiana, mentre i trafficanti tornano indietro fuggendo con il loro veloce scafo. Da mesi la Marina Italiana non presidia più quelle acque e le Ong operano liberamente coi trafficanti che non devono più lanciare l’SOS, ma solo navigare verso Lampedusa o Malta e imbeccare una Ong desiderosa di accogliere i clandestini e iniziare il braccio di ferro con le autorità italiane. Quando Ada Colau, sindaca di Barcellona, li accoglierebbe tutti, senza fiatare, pur di dare una bella lezione di solidarietà agli italiani, razzisti e menefreghisti.