Spagna, la nascita del nuovo Governo è ostaggio dei comunisti catalani
A Madrid si sono insediate Las Cortes Generales, ovvero il Congreso formato dalla Cámara Alta (Senado/Senato) e la Cámara Baja (el Congreso de los diputados/Parlamento) in base ai risultati delle elezioni dello scorso 10 novembre.
È così iniziata la XIV legislatura di Spagna. La XIII – chi segue queste pagine filo diretto co la Spagna lo sa – , era durata poco più di cento giorni, dopo il ribaltone dell’esecutivo passato dalle mani del Partido Popular a quelle dei Socialisti di Pedro Sánchez, poi votato con il maggior numero dei voti ad aprile, ma incapace di dare a quella legislatura un governo. È stata la seconda legislatura più corta della storia di questa giovane democrazia occidentale, e, come detto, senza un governo. Proprio per la mancanza di un accordo fra i partiti per far nascere un governo, gli spagnoli sono stati richiamati alle urne per la seconda volta nel 2019 meno di un mese fa. Da allora si attende un Governo socialista-progressista, che, probabilmente arriverà dopo le feste di Natale.
C’è stata una grande discussione con annesse polemiche, tra i deputati di sinistra per la nomina, fra i quattro vice presidenti della Camera dei Deputati, di un deputato di Vox, partito di estrema destra che spaventa alcuni politici. Nei giorni precedenti i partiti progressista si erano interrogati sulla necessità di formare un “cordone sanitario” per impedire a Vox di conquistare incarichi istituzionali. Contro il “cordone sanitario” si erano pronunciate diverse personalità, come la ex sindaca di Madrid Manuela Carmena che proprio di destra non è, essendo da decenni militante del PSOE.
I vice presidenti eletti sono stati Alfonso Rodríguez Gómez de Celis (PSOE), Ana Maria Pastor (PP), Gloria Elizo (UP) e, appunto, Ignacio Gil Lázaro di Vox. Dalla spartizione delle poltrone per questa carica importante è rimasto fuori Ciudadanos, il partito che era di Albert Rivera e che ha rischiato quasi l’estinzione all’ultima tornata elettorale.
Ora si attende il Governo. Ora viene la parte più scomoda e spinosa, mettere d’accordo una maggioranza col sostegno di altri partiti per la nomina di Sánchez. Socialisti e Podemos si sono accordati il giorno dopo le elezioni per formare un governo di coalizione, “di sinistra e progressista”. È l’accordo che era venuto a mancare dopo le elezioni del 28 aprile e che aveva portato a un bis elettorale.
Sánchez e Iglesias non hanno ancora una maggioranza e per questo devono contare sull’appoggio di partiti nazionalisti regionali. Il partito ago della bilancia è la Sinistra Repubblicana Catalana (ERC), partito indipendentista, il cui presidente, Oriol Junquers, sta attualmente scontando una condanna di 13 anni di carcere per disobbedienza, sedizione e malversazione di denaro pubblico. Le trattative in corso sono difficili fra i Socialisti e la sinistra catalana. Se non ci sarà l’appoggio di ERC, ci sarà un nuovo bloqueo, un nuovo stallo della legislatura che potrebbe portare a nuove elezione. E sarebbe la quinta volta dal 2015.