La Spagna con i cannabis club, puliti e legali, aumenta il PIl
La liberalizzazione delle droghe leggere anche per l’uso ludico, oltre che medico in Italia viene visto come la vittoria dei narcos, mentre in altri Paesi è un business milionario, legale, pulito, che produce milioni euro in tasse, profitti e posti di lavoro. La cannabis appartiene sì alle sostanze psicotrope, come anche il Valium, lo Xanax e altri antidepressivi o calmanti comunemente venduti in farmacia, ma di origine chimica e con molto più potere di assuefazione. E lo scrive uno che non fuma nemmeno le sigarette, figuriamoci farsi le canne. Da semplice osservatore ho capito quanto sia stupido permettere agli spacciatori di vendere fumo scadente ai ragazzini di quindici anni, quando con una legge si potrebbe legalizzare la cannabis con regole certe e multe certe per chi trasgredisce.
Vi posso raccontare l’esperienza spagnola che è un successo strepitoso. Nel giro di una decina d’anni i cannabis club si sono decuplicati, da Barcellona a Madrid, da Salamanca a Bilbao e alle Isole Baleari e Canarie. E in Spagna non esistono leggi nazionali per il consumo ludico di cannabis, se non alcune regole da seguire a livello comunale se avete intenzione di fondare un’associazione dove coltivare e fumare liberamente i propri raccolti di marijuana.
Questi club non sono dei posti squallidi, affollati di gente e con scarsa visibilità interna a causa del fumo, ma normali salotti con una tv dove potersi godere un film, una libreria molto ben fornita, la Pay-tv per vedersi la partita della Lega e della Champions, una cucina se si ha fame e una reception con tutte le informazioni sul prodotto. Per potere utilizzare la cannabis in modo ludico bisogna avere il permesso per comprarla direttamente da chi la coltiva legalmente o decidere di coltivarsi il proprio orticello. Si apre un club, pagando le tasse come fosse un negozio o un bar, si apre un albo di soci che devono contribuire alla coltivazione e alla lavorazione, (ma possono anche demandare a qualche altro socio pagando una quota più alta). Il club denuncia peso del raccolto e valore e distribuisce le parti agli iscritti che devono essere maggiorenni, con la fedina penale pulita, residenti nella stessa città dove è aperto il club e soprattuto non possono portare nemmeno un grammo di marijuana a casa né venderla né regalarla: qui scattano le multe e la chiusura del locale.
A differenza di Amsterdam, vero paradiso per i turisti che vogliono fumare, a Barcellona devi essere, quindi, residente e fumarla sempre e solo nel club dove sei iscritto. Altrimenti non entri nel club.
Il club diventa una seconda casa: c’è chi vuole rimanere lontano per un paio d’ore da mogli e figli per leggersi un libro in pace o guardarsi un film, o finire un lavoro, certo facendosi una canna, senza doversi nascondere né giustificarsi. Le quantità che si fumano nel club sono minime e controllate, nessuna esagera, e tutte le foglie sono prodotte con una filiera controllata senza aggiunta di ingredienti chimici.
Notate che c’è una bella differenza che recarsi di notte ai giardinetti e rischiare una coltellata in pancia da un magrebino che ti vende pessima qualità derubando te, o tuo figlio o tua figlia. In Spagna, come ho scritto, mancano ancora le regole, ma in tale vuoto legislativo, non è mai successo che qualcuno andasse in overdose, (con la cannabis è impossibile, a meno che non hai quattro anni, e se non riesci a guidare, ti pagano il taxi fino a casa), che avvenisse un furto o che qualcuno si mettesse a spacciare fuori dal club o davanti a un scuola. E ripeto, lo pensa e scrive uno che nemmeno le sigarette tocca.
Quindi dare del drogato a un che si fa le canne non è né coretto né giusto lessicalmente. Si fa più uso di Valium e Xanax che di marijuana. A voi verrebbe in mente di dare dell’alcolizzato a vostro padre che si fa un whiskey in compagnia? O dare della tossica vostra zia che non va a letto se non prende un sonnifero? Qui non parliamo di fumerie d’oppio o eroina, non sono luoghi dove si vende crack o cocaina da sniffare o fumare o iniettarsi.
Scritto questo, credo che l’on. Matteo Salvini dovrebbe valutare meglio le sue parole, perché nella lista dei “drogati” c’entrano molti personaggi storici, da Freud a Picasso, da tutti gli attori che vediamo sul grade schermo a migliaia di persone comuni che guidano aerei e bus, ci servono il pranzo e ci visitano. Per non parlare dei politici che ci governano: ah se solo potessimo esaminare un loro capello, altro che residui di cannabis troveremo..
Ovviamente tutti cannabis club in Spagna, circa diecimila, ma non esiste ancora un censimento ufficiale, emettono ricevuta fiscale ai soci, come gli scontrini se vendono una coca-cola o un panino, pagano le tasse comunali, su acqua e rifiuti e gli immobili, insomma contribuiscono a fare girare l’economia. Tutto in modo trasparente e pulito, rispettando tutte le norme igieniche, come un normale club di cucito o di fotografia o un bar.
La coltivazione di marijuana/canapa non compare tra le colture agricole industriali (barbabietola, girasole, cotone, colza, soia, tabacco) indicate nei rapporti del ministero dell’Agricoltura spagnolo. Non si hanno dati certi sulle produzioni, bisogna chiedere ai vari comuni che concedono la terra per questo tipo di coltivazione. Secondo una ricerca recente, mantenendo un elevato potenziale di crescita dovuto a un clima favorevole, come produttore la Spagna occupa in Europa il XVI posto. Diverso il discorso vale per la cannabis a uso terapeutico: nel 2018 il Governo di Madrid ha autorizzato 21 mila ettari di terreno per la coltivazione di cannabis.