Coronavirus, più casi in Italia perché si fanno più test. Ora lo sa anche Madrid
Anche gli spagnoli, o quasi tutti, l’hanno compreso: se si eseguono più test per il Covid-19, detto più comunemente coronavirus, si identificheranno più casi di contagiaio. Come è avvenuto in Italia, primo Paese in Europa a trovare un focolaio di contagiati nel Nord Italia già a metà febbraio.
Quindi, alla domanda, “Perché tanti casi di contagio in Italia e non molti in Spagna, Francia e Belgio?” Basta rispondere con il numero reale di test effettuati, con i controlli negli aeroporti: in Italia a Linate, Malpensa e a Roma Leonardo Da Vinci, da fine febbraio sono state installate apparecchiature molto innovative, scanner enormi capaci di rilevare la temperatura e la pressione corporea a distanza dei passeggeri. Lo dicono chiaramente gli esperti: dipende dai test, più se ne fanno e più si censisce il numero esatto dei malati, i guariti e, purtroppo anche i morti.
Così, la grande differenza con quanto avvenuto in Italia e nella Penisola Iberica, Portogallo compreso, è che le autorità sanitarie del nostro Paese, forse allarmate da una grande spinta emozionale, di paura e sorpresa, hanno immediatamente predisposto sul territorio centri di controllo, utilizzando tamponi e mascherine da subito.
Secondo quanto comunica il ministero della Sanità italiano, ai primi di marzo erano stati eseguiti 32 mila test, mentre in altri Paesi europei il numero è attualmente molto inferiore. Un esempio eclatante è la differenza tra Italia e Francia: il 20 febbraio erano stati eseguiti 1000 test in Italia contro i 100 in Francia, dove da giorni gli ammalati moltiplicano ogni ventiquattro ore.
Tuttavia la Spagna ha fatto anche di peggio: il coronavirus circolava nella Piel de Toro (sinonimo con cui si chiamava nel Medioevo la Penisola iberica per la forma che richiama la pelle del Toro stesa a essiccare, ndr), già dai primi di febbraio, se non da metà gennaio. Ed è probabile che l’untore sia venuto dalla Germania, infettando a Siviglia il paziente zero spagnolo. Nessuno si era preso la briga di proporre dei test sulla popolazione, prima che la situazione diventasse emergenza.
E ora non è che va meglio: nella Comunitad de Madrid, fino a pochi giorni fa erano stati effettuati solo poco più di 100 di test. Ieri il Governo ha detto che sono 10 mila i test in tuta la Spagna. Un po’ pochi su una popolazione che sfiora i 50 milioni di abitanti: infatti sono comunque tre volte meno che in Italia. Inoltre, non avere chiuso scuole pubbliche e università potrebbe far aumentare i contagi.
Ora che la Spagna ha compreso che con più impegno nella ricerca dei malati, si ottengono molti più casi, il mistero della Sanità di Madrid annuncia di aumentare i controlli. A differenza di quanto succedeva prima del 27 febbraio, quando il test era proposto soltanto a persone colpite da polmonite grave e che avessero viaggiato nelle zone considerate a rischio, come la Cina, la Corea del Sud o il Nord Italia.
Pochi giorni fa il quotidiano più letto di Spagna El País scriveva che la grandezza dell’epidemia in Spagna continua a essere sconosciuta. Ma lo stesso si può dire anche di Francia, Germania, Portogallo e Belgio.
C’è anche chi è favorevole a un’altra strategia, quella del “meglio non sapere” come scrive eldiario.es: “rilevare più casi, con più test, aiuta a conoscere meglio l’epidemia, ma ha il rischio di alimentare paura e comportamenti pregiudiziali verso un Paese”. L’effetto paura del contagio in Nord Italia ha scatenato psicosi e comportamenti da panico, come svuotare interi supermercati e negozi di alimentari per il timore di essere costretti a rimanere a casa per settimane.