Lo aveva scritto già Roberto Saviano che la Spagna era il giardino delle mafie italiane. Camorra e ‘ndrangheta dalla fine degli anni Settanta hanno esportato i loro traffici nelle regioni meridionali della penisola iberica: Catalogna, Comunità Valenciana e, soprattutto, Andalusia, Murcia e Malaga. Il giornalista catalano Enric Queralt, massimo studioso in Spagna del fenomeno, me lo aveva ribadito in un’intervista. Tuttavia non è la nostra criminalità da esportazione l’unica: potrebbe sembrare incredibile, c’è anche la mafia scandinava che in Andalusia gestisce da tempo un lucroso giro di narcotraffico da svariati milioni di euro, così la regione del sole, del mare coi chiringuitos e del turismo è diventata anche il primo centro di smistamento delle sostanze stupefacenti destinate al Nord Europa, dove un chilo di Marijuana si rivende sei volte tanto. Come fanno da oltre quarant’anni Camorra e ‘ndrngheta, coì la mafia svedese ricicla i suoi ingenti proventi costruendo resort, comprando ristoranti e discoteche nella Costa del Sol. Quasi del tutto indisturbati, considerando che, benché gli sforzi della polizia spagnola, non esiste, come in Italia, una struttura antimafia specifica.
Quindi, ci sono mafie capaci di allungare i loro tentacoli anche all’estero ed esistono anche paesi, in teoria virtuosi, in grado di sviluppare una loro criminalità organizzata che poi esportano come le organizzazioni più potenti e conosciute, come quelle sudamericane e italiane.
A Malaga come a Napoli o Palermo, omicidi, regolamenti di conti, traffici e lotte tra gang, ma questa volta c’è anche la firma degli scandinavi. A Marbella un narcotrafficante è stato assassinato dopo una funzione religiosa, all’uscita dalla chiesa, alcuni negozi fatti saltare in aria per non avere pagato il pizzo, killer che sparano alle prime luci dell’alba, dileguandosi poi in sella a una bici. Ono così numerose le storie della Gomorra svedese che i pensa a una sceneggiatura per una serie di sicuro successo. Negli ultimi anni numerose bande criminali provenienti dalla Scandinavia hanno scelto il sole di Marbella, portando con sé una particolare efferatezza e capacità di insinuarsi in ogni tessuto economico-sociale, radicandosi in terreno fertile.
E anche a cassa loro la situazione non è migliore: studi dell’università di Malmö confermano che la Svezia sta attraversando una vera crisi sociale a causa della criminalità organizzata. Le cifre parlano chiaro: 200 vittime da conflitti a fuoco in 5 anni e solo nello scorso anno circa 50 omicidi quasi tutti legati al narcotraffico. Marbella è il posto ideale: sulle coste sono caricate ogni notte ingenti quantitativi di stupefacenti provenienti da Nord Africa e Turchia. Gli affari sono ottimi: un chilo di marijuana in Andalusia costa 1500 euro e frutta 10.000 euro in Svezia, Norvegia, Danimarca e Finlandia. Poi c’è la facilità di ripulire i profitti illeciti investendoli attività turistiche ed immobiliari con un basso livello di controlli sulla provenienza delle ingenti somme di denaro.
Il dispiego delle forze di polizia in Spagna è ingente, ma come detto, manca una quadra specializzata e, molto spesso, sono tati i nostri agenti della Dea che sono stati chiamati a insegnare ai colleghi iberici. Tuttavia se i numeri del narcotraffico non saranno invertiti, allora la favola della Costa del Sol potrebbe finire presto.