Chef Lorenzo Sacchi, è il re del Circolino con il cuore in Spagna
Questo è il territorio dello chef Lorenzo Sacchi, raggiunto dopo avere appreso dai più grandi. «Ho iniziato in un periodo in cui le cucine erano toste, gli schiaffi e i calci nel sedere li ho presi…», racconta lo chef.

Chef Lorenzo Sacchi, 37 anni, monzese, si affaccia dal balcone del Circolino dentro l’autodromo di Monza
«Mente tutti i miei compagni delle medie i erano iscritti al liceo Scientifico o al Classico, io volevo fare una scuola diversa e scelsi l’Istituto alberghiero di Arcore, sorprendendo i miei genitori che per me sognavano un futuro diverso, e proprio sui banchi mi è nata la passione per questo mestiere, partendo dal fatto che mi hanno insegnato a essere ambizioso nello studio e nel lavoro, di puntare sempre in alto e di non accontentarsi mai. Così, a quindici anni, al mio secondo anno di alberghiero, chiesi con grande insistenza alla scuola di non andare a fare lo stage in un ristorante a caso, ma all’Hotel Four Seaons di Milano, dove c’era Sergio Mei, così da avere la mia prima esperienza in una cucina di altissimo livello, perché era lì che volevo imparare».
Per tre stage e tre anni il giovane Lorenzo resta sotto la guida di chef Mei, impara molto, rimane ore extra in cucina, perché lui vuole imparare soltanto dai migliori. Dopo il diploma, parte per Londra, un anno in un ristorante italiano, per poi tornare a Milano da Andrea Berton numero uno del Trussardi a la Scala, ma deve fermarsi, poi, sei mei, per un problema di salute, poi risolto.
«Per ridurre ore di lavoro e lo stress accumulato, lavorando con gli stellati, rimango due anni in un ristorante a Monza, così da stare più vicino ai miei, ma poi mi ritorna la voglia di riprendere da dove mi ero fermato e, dopo sei mesi da Peck a Milano, ho preso al volo l’opportunità di trasferirmi a Barcellona, grazie all’amicizia con che Pablo Casagrande ho ricominciato proprio dalla sua cucina del Lasarte».
Ed è proprio nel 2016 a Barcellona che esplode per chef Lorenzo Sacchi l’amore per la Spagna che gli cambia la vita, nella professione e nel cuore, perché nella capitale della Catalogna, s’innamora, non solo della città e della gastronomia iberica, ma anche di Maria, sommelier e ora compagna di vita e di lavoro.
«La mia intenzione era di rimanere un anno in Spagna, per poi cambiare per Parigi. Sentivo di avere accumulato un po’ di ritardo con quello stop e scalpitavo per ripartire: entro come sous chef al ristorante Oria dello chef Xabi Goikoetxea, firmato Martín Berasategui, il mio mentore, all’interno dell’Hotel Monument e, grazie anche a me, nel 2018 arriva la prima Stella Michelin».
«Un’esperienza intensa, di grande lavoro e formazione, in cui avviene la mia maturazione umana e professionale e approfondisco la mia filosofia culinaria e per quasi sette anni, a Barcellona imparo a confrontarmi con le esigenze di una clientela internazionale e, soprattutto, conosco gli ingredienti spagnoli, imparando l’importanza della loro scelta e della loro tradizione>>.
A Barcellona lo chef monzese s’innamora a tal punto dei prodotti iberici che, mi confessa, di preferirli molto spesso a quelli italiani, anche ora che è lo chef stellato del Circolino, tanto che, molte volte, quando è a corto di qualche ingrediente, salta sul primo aereo per Barcellona per andare a fare la spesa al Mercado del Ninot di calle Mallorca.
«Trovo insuperabili los guisantes del Maresme (i piselli del Maresme, regione della Catalogna, ndr), i pomodori, e poi, mi si è aperto un mondo sui funghi, los setas, e gli eccellenti prodotti del mare, una meravigliosa diversità dei frutti di mare che non conoscevo, considerando che la Spagna è bagnata da due mari molto diversi e opposti, a Sud e a Nord».
Los mariscos, le vongole e le cozze nere gigantesche delle acque della Galizia, incantano chef Sacchi, come i percebes, (i Piedi di Cornucopia, ndr), poco appetibili per la loro forma ma deliziosi crostacei quasi sconosciuti in Italia. Una pioggia d’ingredienti che lo chef italiano a Barcellona impara a conoscere e a fare suoi in cucina.
«In Spagna che per me è stato come andare all’università, ho scoperto quanto il cliente a tavola sa riconoscere e apprezzare la qualità dei prodotti nel piatto>>.
Quando arriva la chiamata dal Circolino, l’ambizioso chef monzese, accetta la sfida per rimettersi in gioco e scrive una nuova pagina della sua splendida e intensa carriera.
«Il Circolino era un luogo che conoscevo benissimo, fin da ragazzo, quante volte mi ero fermato in quella piazza assieme ai miei amici a giocare a calcio, ho accettato con grande entusiasmo il progetto di Carlo Sadler perché lì c’era anche un grande valore affettivo.
Inoltre, consapevole che la cucina è un lavoro di squadra, da Barcellona mi sono portato con me in Italia la mia compagna Maria Sainz, dopo averglielo chiesto se voleva salire con me sul carro per questa sfida, lei ha lavorato con tutti gli stellati di Spagna, e il sous chef Juan Sanz, il mio braccio destro e sinistro con cui lavoravo all’Oria, in modo da ricreare quel bellissimo ambiente che c’era in cucina a Barcellona. Ora tocca a noi, qui al Circolino a ricreare una cucina che rispetti i nostri ideali, con l’importanza di mantenere la sua identità e i suoi altissimi livelli di eccellenza gastronomica e con i quali raccontiamo da dove veniamo e quali esperienze portiamo. Un luogo in cui contano le persone, le brave persone, perché uno chef bravo è prima di tutto una brava persona, anche questo ho imparato nella mia esperienza a Barcellona. E nella mia cucina ho pochissimo turn over di collaboratori, perché uno chef deve essere un grande formatore, un bravo motivatore. La mia è una brigata di dieci persone, non piccola, devo fare un lavoro anche da psicologo, bisogna saperla gratificare, premiare e farli sentire parte del progetto e della vita del ristorante. E ora posso dire che questa strategia ci sta premiando con i risultati che abbiamo raggiunto, come la prima stella Michelin. Mi piace pensare che posso essere un esempio per i miei giovani collaboratori, con i quali trascorriamo assieme molte ore, dalle nove del mattino fino a mezzanotte. Ed è una grandissima responsabilità». Da monzese con la passione per i motori «Non perde un Gran Premio di Formula Uno>>, chef Lorenzo Sacchi non poteva dire di “no” a Sadler.
Il giorno del Gran Premio di Monza, Chef Sacchi proporrà il suo menu agli illustri ospiti, tra vip e politici, che così ci descrive: «Come primo propongo un riso Carnaroli al Grana Padano riserva, aglio nero, cardamomo e salsa al vino rosso, un piatto che ha un’impronta tipicamente lombarda e conferma l’identità del Circolino e che nel tempo è diventato un signature e non riesco proprio a toglierlo dal mio menu. Un piatto che è apparentemente semplice, ma che invece richiede capacità nel mantenere tutti i suoi equilibri, c’è l’umami del Grana Padano, la sapidità dell’aglio nero e la freschezza del Cardamomo e poi la salsa al vino rosso bordolese che è una batosta che ti apre il palato, perché offriamo una cucina dai sapori potenti ma sempre eleganti. Di secondo Offriamo ai nostri ospiti un’aletta morbida di vitello al tartufo estivo con una terrina di patata, asparago e limone, per concludere con un biscotto alle spezie, fichi marinati e spuma fredda di zabaione. Ho la fortuna di preparare questi splendidi piatti guardando i piloti che provano nell’autodromo, un’esperienza unica!».

