È tutta questione di… responsabilità.

Penso che sia interessante scrivere qualche considerazione rispetto a questo articolo, all’interno del quale potrete trovare dati interessanti. Certo, non sono che una conferma statistica, quindi scientifica, della “sensazione-intuizione” che molti cittadini italiani hanno circa il ruolo della politica oggi nella vita delle persone.

In particolare, la ricerca evidenzia qualcosa che potrebbe rivelarsi sempre più negativo nel corso degli anni, se la politica tutta non prenderà coscienza del fatto che “prima o poi si muore”.

Mi sembra di aver già scritto, qui oppure in altre occasioni, che Karl Raimund Popper sosteneva che un vero politico avrebbe dovuto preoccuparsi che le sue idee potessero avere un senso nella continuità del tempo, ossia dopo la sua stessa morte fisica.

Beh… direi che nel caso di questa nostra nazione, e forse dell’intero mondo (il che è peggio, decisamente…), le cose non stiano proprio in questi termini, anzi… all’opposto. La preoccupazione sembra essere sempre più legata ad interessi personali e contingenti cioè legati all’esercizio di quel potere che terminerà alla fine dei propri giorni. Non a caso la situazione si è andata deteriorando con il decisivo contributo di una politica miope e clientelare.

Senza contare che, nel caso italiano, il “tenere famiglia” è un valore talmente assoluto che ogni scampolo di ideologia o convinzione etico-morale deve comunque inserirsi all’interno di una tradizione, appunto, familiare quando non proprio familistica.

Sulla base della mia esperienza, come studioso e docente, ad ogni anno che passa, mi rendo conto che gli studenti, ossia i nostri giovani adolescenti e giovani adulti sono perfettamente nelle condizioni cognitive di “decidere e valutare” quando vale la fatica, ossia lo sforzo, di ascoltare le parole adulte. Non solo “percepiscono” il “credo motivazionale” che porta un adulto ad esprimere le proprie idee con “convinzione e sforzo concreto”, ma intuiscono con altrettanta precisione il “perché” un adulto afferma qualche cosa, oppure la nega.

Dissuaderei tutti dal credere che i nostri giovani studenti siano del tutto lontani, ad esempio, dalla politica perché se ne disinteressano, mentre sarei propenso a ritenere che questa lontananza derivi da una “attenta valutazione” che essi stessi operano sulla credibilità etico-morale dei politici stessi.

Io non sono il primo a pensare in questo modo, perché di crisi morale della politica parlava chiaramente Enrico Berlinguer già negli anni Settanta, e lo stesso Indro Montanelli era convinto che nella nostra nazione ci fosse poca speranza di allontanarci dai cambiamenti gattopardeschi.

E i dati della ricerca statistica alla quale sto facendo riferimento in questo articolo, in effetti non fanno che confermare la situazione che intuitivamente ognuno di noi può pensare appartengano al mondo giovanile.

Che fare?

“Quasi sempre” si può fare qualche cosa, specialmente se siamo consapevoli del ruolo intergenerazionale che svolgono la famiglia, la scuola e tutte le agenzie di socializzazione reali e virtuali (come nel caso dei “social”).

Sarebbe importante, per esempio, esercitare un continuo rimando alla storia della nostra nazione, alla tragedia umana delle guerre di indipendenza, sino all’unità d’Italia e giungere alla Prima Guerra Mondiale.

Io penso, a questo proposito, che siano gli adulti, assieme alle agenzie educative e politica, ad ignorare il “valore del tempo e della storia” nelle loro comunicazioni con i giovani.

E vedo anche, sulla base della mia personale esperienza, che se comunichiamo agli studenti questo valore essi comprendono meglio il perché delle eccessive mancanze valoriali che caratterizzano il nostro mondo, edonistico e mediatico.

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