A una settimana dal voto, la Spagna teme l’astensionismo
Manca una settimana al voto per le elezioni legislative spagnole. Domenica 10 novembre, infatti, per la quarta volta dal 2015 ventisei milioni di spagnoli sono invitati alle urne per eleggere un nuovo Parlamento. Un voto anticipato per la quarta volta, dopo le quattro crisi di Governo che si sono verificate negli ultimi quattro anni, quando è sempre mancata una stabilità politica al Congreso.
La fase peggiore e più acuta della crisi politica di Madrid è iniziata nel giugno del 2018 quando l’allora premier di centro-destra Mariano Rajoy, a opera di una mozione costruttiva di sfiducia, fu invitato alle dimissioni e la guida del paese, come conviene la Costituzione spagnola del 1978, passò nelle mani dei Socialisti guidati dal giovane Pedro Sánchez, da pochi anni eletto presidente del PSOE. Sánchez mise su un esecutivo, con l’appoggio esterno di Podemos di Pablo Iglesias e di alcuni partiti indipendentisti catalani, PdeCat, di Carles Puigdemont e la Sinistra Repubblicana Catalana (Erc) di Oriol Junqueras, condannato a dodici anni di galera per il fallito golpe del 2017. Ma lo scorso aprile, al momento della votazione della Manovra Finanziaria per il 2020, i partiti indipendentisti sfiduciarono in Parlamento il premier che dovette poi vinse alle legislative anticipate, ma con una risicata maggioranza che aveva bisogno di un alleato. Sánchez che si è sempre ostinato a mettere su un esecutivo senza alcuna alleanza di partito. Così, dopo una lunghissima consultazione tra i vari protagonisti politici di cinque mesi, il premier socialista annunciò nuove elezioni in autunno.
A oggi le previsioni di voto danno in vantaggio ancora il PSOE con il 27,9%, pari a 118–126 seggi). Segue, dopo un sorprendente balzo in avanti, lo storico partito competitore, il PP, guidato da Pablo Casado, con un 20,3% (lo scorso aprile era al 16,7). Al terzo posto c’è Unidos Podemos, gli ex Indignados del 5 maggio che in sei mesi sono passati dal 14,3 al 13,5, mantenendo, comunque, una posizione alta rispetto al disastro di Ciutadanos, precipitato dal 15,9 all’8,9, per una profonda crisi interna. Da segnalare l’avanzata di Vox, la destra estremista di Santiago Abascal: dal 10,3 al 13,2.
Considerati i sondaggi, l’11 novembre la Spagna avrà di nuovo una maggioranza frammentatissima, come lo scorso aprile, un bel nulla di fatto se i vincitori potenziali, i Socialisti, non rinnovino una coalizione con Podemos o un altro alletao (Ciutadanos?) in modo da aggiungere al loro fienile i voti di Iglesias o di Rivera (che però sono troppo pochi se si confermano i sondaggi) e governare con una discreta maggioranza. Su queste previsioni, come una spada di Damocle, pende la probabilità di un’altissima percentuale dell’astensione. Gli spagnoli sono stanchi di non avere un Governo solido, anche in un momento particolare dove l’economia nazionale è molto rallentata e gli economisti hanno dovuto rivedere al ribasso le pensioni di crescita, passa da un 3,2% al 2.