La Spagna oggi va alle urne con il fantasma dell’ingovernabilità
Fino alle 20 di oggi urne aperte in Spagna per le elezioni legislative. Trentasette milioni di spagnoli sono chiamati a eleggere 350 deputati del Parlamento e 265 senatori. È la quarta volta dal 2015 che si vota in quella che è la crisi politica più inedita e lunga della giovane democrazia spagnola.
Nell’ultimo accorato appello del premier uscente Pedro Sànchez il chiaro invito agli spagnoli a correre alle elezioni per portare fuori dal pantano, dal bloqueo l’intricatissima situazione politica del Paese, i cui ultimi mesi del dibattitosono stati influenzati da una nuova crisi secessionista della Catalogna con Madrid. E proprio le dure immagini dei tafferugli e della violenta guerriglia per le strade di Barcellona avranno un forte impatto emotivo sul voto: a oggi si è visto un importante aumento dei partiti di destra PP e Vox,a parte il centrodestra di Ciudadanos che è in caduta libera, sofferente per la mancanza decisionale dei suoi capi e per la corrente più centrista e macroniana che vuole mandare via il leader Albert Rivera.
I Socialisti risultano ancora in vantaggio (al 27,4% per 113 seggi) con 6-7 punti di distacco dal Partito Popolare di Pablo Casado che, dopo il tonfo storico delle elezioni del 28 aprile, si è ripreso 9 punti e dovrebbe spuntare il 22%. Ma l’ago della bilancia, importante affinché la destra spagnola si possa coalizzare per sfidare l’armata di sinistra, è Vox in crescita che, secondo gli analisti politici, potrebbe diventare la terza forza politica spagnola, superando Podemos e Cs. Podemos sempre in leggera ripresa, dopo il distacco della corrente legata all’ex braccio destri di Pablo Iglesias, Inago Errejon che punta a un 4-5%.
La vittoria dei Socialisti potrebbe questa volta dare ala luce una coalizione con Podemos e, forse, Era, la sinistra Repubblicana Catalana che benché abbia tradito la scorsa primavera la fiducia al Governo di Sánchez, potrebbe decidere di appoggiare dall’esterno Socialisti ed ex Indignados, in modo da avere un Governo con cui dialogare sulla questione catalana. Se si decidesse, quindi, per una coalizione PSOE+UP+ERC, si avrebbero circa 155-160 seggio (la maggioranza assoluta e 176).
La coalizione delle destre spagnole, invece, con il PP+Cs+VOX potrebbe contare su 140 seggi, ma se ci fosse il balzo del PP e di Vox, alcuni analisti pensano che la destra potrebbe sorpassare la sinistra, grazie all’esclusione di ERC e dell’insuccesso alle urne di Podemos.
Per ora la Spagna si trova dentro a un labirinto come ha raccontato Sánchezz nel suo ultimo comizio di venerdì scorso, in chiusura della campagna elettorale, da Barcellona, invece che da Madrid, città scelta proprio per comunicare ai catalani la priorità de nuovo Governo di trovare una soluzione alla crisi catalana.
La frammentazione dello scenario politico, con la comparsa di nuovi partiti negli ultimi anni, ha messo fine a decenni di sistema bipartitico. Questo ha causato una elevata instabilità, accentuata dall’incapacità delle forze politiche di raggiungere accordi per formare governi di coalizione. Del resto in Spagna, non esiste a livello nazionale una tradizione di governi di coalizione.
La grande incognita è quella degli indecisi, che decideranno chi votare all’ultimo momento. Altro interrogativo è capire quanto influirà la crisi in Catalogna sul risultato delle elezioni.