Cara Kirchner, le scrivo da italiano offeso
Gentile Signora Cristina Elisabet Fernandez Wilhelm Kirchner, Vice presidente dell’Argentina,
da italiano molto offeso e sorpreso, le scrivo perché lei qualche giorno fa, attaccando un suo avversario politico d’origini italiane, ha definito tutti gli italiani “geneticamente mafiosi”.
Stava parlando con i giornalisti della gestione dell’ex presidente argentino, Mauricio Macri, ma ha voluto tiare in ballo un Paese intero, l’Italia che, forse dimentica, ha un notevole e importante peso nelle nascita della sua nazione.
Lei era all’Avana, alla Fiera del Libro, quando l’è venuta in mente l’idea poco geniale di collegare i parenti di Macri alla ‘ndrangheta, citando il quotidiano Pagina 12, suo giornale amico, che ha riferito di possibili connessioni tra la famiglia dell’ex presidente italo-argentino e la criminalità organizzata.
Ha detto: “In Argentina il lawfare (l’uso del sistema giudiziario per screditare un avversario politico, ndr) ha avuto una componente mafiosa che ha portato alla persecuzione dei miei figli”. E poi ha aggiunto: “Deve essere quella componente mafiosa, gli antenati di chi è stato… come ha denunciato un noto giornalista del giornale Pagina 12 quando ha parlato della ‘ndrangheta. Devono essere quegli antenati”.
Vede, signora Kirchner, attaccare in modo razzista tutti gli italiani, generalizzando in questo modo, è semplicemente un comportamento vergognoso che non mi aspetterei da una persona che, non solo ricopre una carica così importante, ma che è vice presidente di un Paese di cui oltre il 70 per cento della popolazione ha origini italiane.
Forse, lei che ha un padre spagnolo e una madre tedesca, non conosce la storia dell’Argentina, il Paese che lei dice di amare. Una nazione che esiste grazie agli immigrati europei e, soprattutto, italiani. Non solo per i Conquistadores che decimarono la popolazione indigena schiavizzandola o uccidendola con le loro malattie importate dall’Europa.
Si è accorta che molto parole in argentine sono mutuate dall’italiano o dal dialetto veneto e siciliano? Non sa che nel 1895, dopo la prima grande ondata di migranti dall’Europa che era iniziata cinquant’anni prima, a Buenos Aires su 663.864 abitanti, 181.361 erano italiani. Il quartiere centrale di la Boca, dove oggi si balla il Tango in raffinatissimi ristoranti e bar, fu costruito dagli italiani provenienti dalla Liguria: erano per lo più pescatori di tonni e dipinsero le loro case con colori vivaci, in modo che da lontano, guardando dai loro pescherecci, quelle macchie rosse, gialle, azzurre, verdi e arancioni, ricordassero loro Portofino e le Cinque Terre.
Gli italiani erano gente povera, ma buona, ottimi lavoratori che nel giro di pochi decenni, proprio per il loro sacrificio, arrivarono a occupare le posizioni migliori come commercianti, imprenditori e proprietari terrieri. Sempre nel 1895, in tutta l’Argentina su 143 pubblicazioni periodiche, 13 erano scritte in italiano. Gli italiani in pochi anni sono, faticosamente, diventati un’élite che, per necessità o per ambizione, affrontava unita ogni difficoltà, riuscendo sempre a farsi strada.
Lei dimentica che se non fosse stato per i contadini italiani emigrati da Piemonte, Veneto, Campania e Sicilia la politica fondiaria governativa, con le tecniche di coltivazione italiane, non si sarebbe sviluppata nella Pampa. Secondo il censimento del 1895 su un totale di 407.503 proprietari agricoli, più di un quarto erano di nazionalità straniera e fra essi 62.975, – più della metà -, erano italiani.
Gentile signora Kirchner, ora, mi saprebbe dire chi era Manuel Belgrano? Glielo dico io: nato a Buenos Aires nel 1770 da Domenico Belgrano Peri, un ligure di Capo d’Oneglia (oggi Imperia), Manuel Belgrano è considerato con José de San Martin e Simon Bolivar uno dei padri dell’indipendenza dei paesi sudamericani dalla Spagna. Belgrano ha inventato e disegnato nel 1812 la bandiera argentina bianca e azzurra. Il giorno della sua nascita in Argentina è festa nazionale, in particolare è la Giornata dell’Emigrante Italiano.
Lei dimentica, signora vice presidente, la lunga lista di nostri connazionali che hanno avuto un ruolo di spicco nel suo Paese. E questa non è la solita retorica riscaldata, è storia: dal presidente Carlos Pellegrini a scrittori come Ernesto Sabato, da grandi musicisti del tango come Astor Piazzolla a calciatori come Antonio Valentin Angelillo, da mitici piloti automobilisti come Juan Manuel Fangio a industriali come Agostino Rocca.
Magari si sta chiedendo: che cosa erano andati a fare tanti italiani a Buenos Aires? Gli italiani che scelsero di vivere nella città del rio Plata, partendo da Napoli, Roma, Trieste, Verona, Genova, Bari e Palermo, dopo settimane di navigazione, stremati dalla stanchezza e dalle malattie, arrivati a Buenos Aires, da zero crearono aziende d’abbigliamento, fabbriche di mobili e imprese edili che tutt’ora esistono e producono Pil nel suo Paese.
Gli italiani, non solo hanno portato le braccia, m anche il cervello: le loro conoscenze, la loro tecnica, il loro talento, la loro indiscussa capacità di creare e inventare.
Ricorda un tale Pietro “Pedro” Vasena? Era nato a Lecco e raggiunge Buenos Aires a tredici anni, orfano, senza conoscere nessuno. Da zero gettò le basi del nascente settore siderurgico argentino. A trent’anni, Vasena dirigeva tre stabilimenti siderurgici di 15 mila, 10 mila 9 mila mq: produceva l’acciaio per la costruzione delle ferrovie e delle navi, delle strutture dei palazzi, dei ponti e delle strade. La nascita e l’espansione della fiorente industria siderurgica argentina la si deve soltanto a lui. Non a uno spagnolo e a un francese. O a un tedesco. Ma a un italiano semianalfabeta. Il mercato della Repubblica, l’azienda della New Gaz Company e l’armatura del gran ponte di Catamarca sono opera sua, perché Pedro Vasena oltre a produrre acciaio e leghe, progettava con la precisione di un ingegnere del MIT di Harvard.
Forse, ora, gentile signora Kirchner che gentile con gli italiani non è stata, ora inizia a capire quanta importanza hanno avuto i nostri avi, i nostri bisnonni, i nostri nonni italiani per far nascere l’Argentina, come nazione, come repubblica, come solida economia e come cultura dominante. Vogliamo parlare delle innumerevoli aziende italiane che tra gli anni Cinquanta e Ottanta hanno aperto in Argentina producendo milioni di posti di lavoro? Hanno portato ricchezza nel tessuto economico del suo Paese. Nessuno lo può negare. Poi sono stati i cattivi amministratori, come lei e i suoi amici, che hanno mandato in bancarotta un Paese che era forte e produttivo come la California.
Per tale motivo le sue affermazioni, che poggiano sul solito immeritato stereotipo dell’italiano mafioso, anche se è Cristoforo Colombo o Michelangelo, sono frutto di ignoranza e razzismo. E paura. Per questo dovrebbe scusarsi con tutti gli italiani, italo-argentini inclusi.
Che cosa proverebbe se dicessimo che, essendo sua madre tedesca, lei è geneticamente una nazista sanguinaria, razzista colpevole della Shoah? Ci porremmo al suo livello, e non lo facciamo, non lo diciamo, né per nostra voce né per quella di un nostro politico.
Signora Kirchner si scusi con l’italia e colmi le sue immense lacune sulla storia del suo Paese.
Roberto Pellegrino