Italia e Spagna, umiliate dalla Troika
Con i nostri cugini transalpini e transpirenei, abbiamo non solo in comune la lingua neolatina, parte della storia e il Mar Mediterraneo. Condividiamo anche e spesso il fatto di essere i fanalini d’Europa, e non sempre, per colpe nostre.
Da settimane la videoconferenza con la Commissione Europea per il nostro premier Giuseppe Conte e per il presidente del Governo spagnolo Pedro Sánchez è un momento difficile e umiliante, ai limiti del mendicare. Gli aiuti che la Ue prevede in questo momento difficile per società ed economia, con i Paesi Europei vittime dell’epidemia e le loro economie gravemente ferite e potenzialmente a rischio nei prossimi mesi, proposti da Olanda e Germania sono irricevibili per i due Paesi latini: il famigerato MES che ingabbierebbe Italia e Spagna in un contratto capestro peggio che la Grecia, ci costringerà alla sudditanza politica finanziaria, ci sottoporrà al controllo di ogni nostra scelta: un po’ come mettersi in casa l’usuraio che ti ha prestato i soldi.
Germania e Olanda hanno deciso che per i Paesi in difficoltà la scelta è la strada più contorta e inapplicabile, se non rivista. E non solo, contribuisce anche quella latente e latitante forma di razzismo che, solitamente, anima alcuni politici e mass media del Nord Europa. Se Rutte, premier olandese, davanti alle legittime richieste d’aiuto di Madrid, si permette di commentare, a lato della discussione, che la Spagna “sembra un pozzo senza fondo che negli ultimi anni ha avuto più soldi di tutti”, a sbeffeggiare l’Italia, ci pensa l’ennesimo giornaletto tedesco Die Welt, carico di presunzione, pretestuoso e razzista che consiglia a Bruxelles di “non dare fondi all’Italia perché finirebbero tutti nelle mani della mafia che già li aspetta”.
Dinnanzi a simili accuse vergognose c’è poco da commentare. Mark Twain diceva che “non puoi cavare sangue da una rapa”, figuriamoci da quelle teste di rapa. L’ennesimo sintomo di quanto poco rispetto circoli nella Comunità più grande del mondo. Soprattutto in momenti così pericolosi che chiedono scelte razionali e solidali. Lasciando perdere gli olandesi che per vantaggio economico hanno trasformato le loro città in pusher di sostanze psicotrope, coi loro politici che, ogni tanto, si accorgono di essere piene di attivissime cellule di al-Qaida ingrassate col loro Welfare e pronte a farli saltare in aria col plastico tedesco, la Germania, di cui una buona fetta è formata dalla seconda generazione di immigrati italiani e tedeschi, non riesce mai a nascondere il suo tremendo passato e le sue velleità nazi. Non solo hanno provocato il più grande e sanguinoso conflitto del mondo, ma davanti alla riconosciuta responsabilità di pagare i danni della Seconda Guerra Mondiale, non hanno mai versato un centesimo alla nascente Comunità Europea tra gli anni Cinquanta e Sessanta. Prima della Ue c’era una Comunità fondata su patti economici su prodotti basilari, acciaio, carbone, petrolio. E funzionava discretamente.
Die Welt, invece di lavarsi i panni in casa, di guardare alla propria economia che non è più così forte, di vergognarsi davanti a una sempre crescente fetta di giovani tedeschi che si radunano in associazioni neonaziste che celebrano il genocidio commesso dai loro bisnonni e nonni, invece, di vergognarsi per avere fabbricato e vendo auto con motori taroccati per imbrogliare i controlli sui gas discarico dei vari Paesi, (tra l’altro ci sono anche io nella class action contro VW cui la Giustizia ha riconosciuto un rimborso soltanto ai clienti tedeschi, fregandosene di tutti glia altri, ma gliela faremo pagare anche noi), insomma i pro pro pro pro cugini tedeschi che si dipingevano la faccia di blu per andare a caccia di marmotte quando in Italia costruivamo ponti, acquedotti e città millenarie, ancora una volta peccano di ubris, di presunzione e malvagità perdono un’occasione d’oro per riscattarsi.