Il Coronavirus manda in vacanza i tori di San Fermín
Il prossimo 6 luglio, a mezzogiorno, nella piazza del municipio a Pamplona non cominceranno i festeggiamenti de Las fiestas de San Fermin o Fermines. Non ci sarà il lancio del chupinazo, o txupinazo, per non fare arrabbiare i baschi. Il razzo solitamente annuncia l’inizio de Las fiestas e viene lanciato da una persona (che solitamente rappresenta un’associazione di artigiani) scelta dai pamploneses. Il coronavirus ha cancellato una delle fiestas più antiche e famose di Spagna. Era successo prima, soltanto durante la Guerra Civile, tra il 1936 e il 1937 e nel 1978, quando uno studente morì a seguito di violenti disordini avvenuti in piazza, in piena Transizione. Niente fiestas anche nel 1997 quando i terroristi Eta uccisero un consigliere del Partito Popolare.
Non ci sarà, quindi, chi accenderà la miccia del chupinazo per poi recitare dal balcone del municipio una formula ben precisa e antica: “Pamplonesas. Pamploneses. Irundarrak. ¡Viva San Fermín! (¡Viva!) Gora San Fermín! (Gora!)”.
E la festa doveva cominciare. San Fermin significa encierro che molti sanno è una corsa sfrenata e violenta assieme ai tori per 800 metri, fino a la Plaza de Toros. Pur mando la Spagna, sono profondamente contro ogni pratica di violenza contro gli animali a scopo di gioco o spettacolo. Ma ammeto che questa fole corsa ha un suo fascino decadente. E col passare degli anni, c’è sempre più attenzione ala salute dei tori.
L’encierro sarebbe dovuto avvenire ogni giorno tra il 7 e il 14 luglio alle otto del mattino, con una durata media tra i tre e i quattro minuti. Quindi si va a letto presto, possibilmente non ubriachi, ma con i riflessi pronti. Cadere e venire tavoli è facile, prendersi un’incornata dai tori anche. Da anni ci sono sempre più ragazzi stranieri a correre dietro e avanti ai tori. E molti di questi rimangono feriti, lievemente e anche gravemente: negli anni una decina di persone hanno anche perso la vita. Una decina su oltre quarto secoli di tradizione.
Las fiestas terminano il 14 luglio a mezzanotte quando un gruppo di pamplonesi si riunisce nella piazza del municipio per sancire la chiusura della ricorrenza. Così l’alcalde, il sindaco, si manifesta sul balcone del municipio e ringrazia gli assistenti per la partecipazione ai festeggiamenti in onore del Santo Patrono. Poi, c’è il momento culminante è costituito dallo sparo a salve del cannone della plaza de los Burgos, mentre un gruppo di pamploneses portano i pamploneses portano candele accese e intonano il breve canto finale che così recita:
«Pobre de mí, pobre de mí, que se han acabado las fiestas de San Fermín. Pobre de mí, pobre de mí, que se han acabado las fiestas de San Fermín.» |
«Povero me, povero me, che sono finite le feste di San Firmino. Povero me, povero me, che sono finite le feste di San Firmino.» |
Las fiestas de San Fermín ha origini nel Medioevo. Era una semplice fiera commerciale dove si vendeva bestiame (tori) affiancata a un evento religioso cristiano che secoli prima era una ancora più antica c radici nel paganesimo basco e latino. La festa di San Firmino rientra nelle fiere commerciali secolo XIII in occasione della nttedi San Giovanni (San Juan in Catalogna, festa regionale) tra il 23 e 24 di giugno che avvisa dell’inizio dell’estate. Dopo San Giovanni, si festeggiava San Pietro e Santiago e dopo un mese circa, San Firmino. Nel Medioevo le feste religiose erano un momento per le fiere di commercianti, soprattutto allevatori dei comuni vicini. Ma si sa, gli spagnoli, anche gli antichi iberici, ha ogni occasione di santi o di fiere ne approfittano per fare feste lunghissime e rumorosissime. Nel 1324, a Pamplona in autunno., alla fine dell’estate, si iniziò a organizzare una festa di sette giorni in onore del re Carlos I di Navarra e IV di Francia.
Nel 1381 per ordine del re Carlo II di Navarra Pamplona diventò zona franca, e la festa per il re affiancò le festività religiose locali del tempo. Queste due fiere e feste, all’inizio ed alla fine dell’estate, si unificarono per approfittare del miglior clima, iniziando il settimo giorno del settimo mese: il 7 di luglio. Sebbene ancora oggi, verso la fine dell’estate, si celebrino i navarri “sanfermines txikis” (piccoli sanfermines) in piccole porzioni.
Nel1591 si ha traccia nei libri di storia di una festa celebrata il 7 luglio con un programma molto simile all’odierne festa. Il resto è storia che si è ripetuta fino a 2019: quest’estate ci sarà una pausa, come le Olimpiadi, e molte altre attività. A prenderci, come sempre, il settore turistico: un balcone sulla via principale della corsa dei tori durante l’encierro si affitta anche per 1000 euro al giorno. Fiumi di birra, rum e whiskey scorrono a fiumi e i ristoranti traboccano di turisti. Ernest Hemingway, grande fan della Spagna e delle sue feste locali, dedica un capitolo del suo romanzo Fiesta. Qualche anziano del luogo afferma di averlo visto saltare nella polvere sopra i tori in corsa.