Al Prado una mostra che chiede scusa alle artiste bistrattate dalla storia dell’arte
Sono diciassette le sezioni di Invitadas: «El molde patriarcal» (la parola molde vale «matrice, modello», ma anche «muffa»); «L’arte dell’indottrinazione»; «Madri sotto scrutinio»; «Nudi»; «Guida per le ribelli»; «Stregoneria per traviate»; «Manichini di lusso»; «Regine intruse». E così via. La lente è sul criterio con cui sono avvenute, in un secolo di storia moderna, acquisizioni e commesse di opere d’arte da parte dello Stato oltre che delle istituzioni museali e del Prado stesso. Molto più muse e oggetti che soggetti dell’arte pittorica, e oggetti di uno sguardo svalutante, paternalista, nel migliore dei casi semplicemente erotico. O attive, quando iniziano a esserlo, soprattutto come miniaturiste, copiste, autrici di nature morte. Generi considerati minori rispetto alla pittura. Tutte le opere appartengono al Prado: un centinaio sono state recuperate, per l’occasione dai magazzini del museo di cui quaranta sono state restaurate.
La critica spagnola non è stata molto morbida. Ha spiegato che «con il pretesto di additare la misoginia di un’istituzione, scrivono, la mostra la celebra. Metà della mostra è dedicata allo sguardo misogino». E ancora: «Nella mostra si presentano tutte le degradazioni possibili del femminile». E anche: «Un catalogo pieno di morbosità, e non molto diverso dalla cultura visiva attuale».
Ho parlato con il curatore della mostra Invitadas , Carlos G. Navarro. «La mostra è una rassegna critica delle collezioni più invisibili della collezione, da una parte quelle che identificano l’ideologia che ha convalidato il Sistema dell’Arte Pubblica e dall’altra, le opere degli artisti che lo Stato ha raccolto. Attraverso questo doppio viaggio troviamo il posto concesso alle donne nell’Arte nel XIX secolo».
Com’è nata l’idea della mostra?
«È una risposta alla rassegna degli acquisti statali intorno a questo tema, le donne, perché tutti questi materiali appartengono ormai alla collezione Prado. Da un lato, era evidente che lo Stato promuoveva un’immagine predeterminata delle donne e, dall’altro, che convalidava solo determinati comportamenti delle donne come artisti, mentre altri venivano ignorati».
In un paese come la Spagna, molto attento alla parità tra uomini e donne, i dipinti in mostra potrebbero offendere la sensibilità femminile?
«Le opere che i musei contengono e che ci raccontano il nostro passato sono, oltre ad essere depositi di valori estetici, documenti fondamentalmente storici; testimonianze materiali di un’ideologia passata che non può essere assimilata come discorso vivo. Anche se vale la pena discutere soprattutto, queste immagini ci raccontano come era il nostro paese più di cento anni fa e sono oggetti che appartengono a tutti gli spagnoli».
Infatti c’è stata una piccola polemica sulla mostra che mette in luce la misoginia dell’arte senza troppi complimenti.
«La volontà del Prado è stata duplice: tracciare una mappa della parte più invisibile e sconosciuta della collezione – raramente accessibile al grande pubblico – e, allo stesso tempo, alimentare il dibattito su quale destino futuro attende queste opere sconosciute». La mostra chiude il 21 febbraio 2021.