Quarant’anni dal fallito golpe di Madrid
La prima legislatura della democracia era iniziata da una manciata d’anni, tuttavia alle 18.22 del 23 febbraio di quaranta anni fa, mentre il Congresso stava per eleggere Leopoldo Calvo-Sotelo, nuovo Presidente del Governo, al posto di Adolfo Suarez che aveva presentato le dimissioni una settimana prima, durante la votazione un gruppo di militari armati di mitraglietta, appartenenti alla Guardia civil e guidati dal colonnello Antonio Tejero, irruppero nell’emiciclo del Parlamento.
Tejero puntando una pistola sui seggi e spaventando deputati e giornalisti presenti, balzò sulla tribuna e urlò: “Quieto todo el mundo!” (Che nessuno si muova!). Gutiérrez Mellado, ex militare e allora vice premier, affrontò Tejero intimandogli di abbandonare immediatamente le armi e venne alle mani con i soldati, uno dei quali aprì una scarica di colpi di mitraglietta verso il soffitto. Pezzi di intonaco piovvero dall’alto ferendo alcuni deputati: quei fori di proiettile non sono stati coperti, ma sono ancora visibili.
I deputati si nascosero sotto il banco del loro scranno, temendo il peggio, mentre Santiago Carrillo, segretario del Partito comunista di Spagnae Adolfo Suarez, leader della Transicíon, rimasero fermi, seduti al loro posto. Anni dopo, Carillo, dichiarò in un‘intervista che non fu né la paura né il coraggio a tenerlo fermo sulla sedia: credeva che sarebbe stato ucciso e quindi non voleva morire indegnamente nascosto sotto a un tavolo.
E nel frattempo che il golpe attaccava il cuore della democrazia spagnola, a Valencia Jaime Milans del Bosch guidava 1800 militari in città e nei paesi attigui, su decine di mezzi corazzati e carri armati dell’esercito attraverso la città. I valenciani rimasero molto spaventati e choccati da quella prova di forza dei militari. Una scena del passato. Sembrava tornata la dittatura.
La maggior parte della stampa spagnola pubblicò in serata un’edizione speciale dove si condannava il golpe in un atto di grande coraggio. Ma il golpe apparve subito a corto di ossigeno: numerosi comandi militari non si aggiunsero ai ribelli e ci furono molte defezioni. Alla 1 e 14 di una notte di terrore, con gli spagnoli barricati in casa per la paura, intervenne il re Juan Carlos I. Il sovrano, capo di tutti gli eserciti di terra, acqua e aria, comparve in tv in diretta. Con parole chiare e dure si rivolse ai golpisti intimando loro di arrendersi immediatamente e di consegnare le armi perché lui era per la Costituzione e la democrazia. Fu un momento unico e storico per la Spagna. Ogni spagnolo che quella notte era davanti alla tv, non ha mai dimenticato quella scena.
Per quasi una ventina d’ore i deputati rimasero ostaggi in Parlamento, con i militari golpisti che puntavano contro le mitragliette. Bastava un’esplosione di nervosismo e sarebbe stata una strage ma fortunatamente i militari del colonnello avevano fallito e finirono tutti arrestati dai militari. Il 24 febbraio era finito l’incubo, il golpe era fallito.
Coraggioso e fondamentale fu l’appoggio di quotidiani appena nati, come El Pais che uscì in un’edizione speciale raccontando cosa stava succedendo a Madrid e nel Paese, appoggiando apertamente la democrazia, ben prima il discorso del re. La redazione del Pais temeva di essere attaccata dai militari, i giornalisti avevano paura di essere arrestati o uccisi.
All’evento di due giorni fa nel palazzo del Congreso, oltra al re Felipe VI, c’era il premier Pedro Sánchez, i due vice premier Carmen Calvo e Pablo Iglesias, il leader del Partito Popolare Pablo Casado e alcuni padri della Costituzione del 1978 come Miquel Roca, Miguel Herrero e Rodríguez de Miñón. Mancava il re emerito Juan Carlos I, il primo attore che in quelle drammatiche ore restituì speranza e fiducia agli spagnoli. L’ex sovrano, privo dello scudo dell’immunità, e rincorso dai giudizi spagnoli e svizzeri, si è rifugiato da agosto negli Emirati Arabi, prima a Dubai e poi ad Abu Dhabi.
Si sono astenuti dalla cerimonia i partiti separatisti catalani e autonomisti baschi e galiziani: ERC, PNV, Junts, PDeCat, BNG, CUP ed Eh-Bildu. Questi movimenti nazionalisti non partecipano mai a un evento in cui è presente il re, perché non lo riconoscono. C’erano, invece, Socialisti, Unidas Podemos, Ciudadanos, Vox e Mas Paìs-Equo.