In Spagna le leggi più severe contro l’omofobia
L’Art. 511 punisce con una multa e, nei casi più gravi, con il carcere, un funzionario pubblico che nega una prestazione a un cittadino sulla base del suo «orientamento sessuale» o per «ragioni di genere». Rischia anche l’interdizione dal suo ruolo. Lo stesso vale per per cittadini privati nell’esercizio della loro professione (Art. 512).
Inoltre in Spagna si punisce o dichiara illegali le associazioni che «incoraggiano, promuovono o incitano all’odio, all’ostilità, alla discriminazione o alla violenza» contro persone o gruppi causa del loro «orientamento sessuale», Art. 515.
Nel 2010, l’Art. 22 ha introdotto tra le circostanze aggravanti le condizioni se un reato sia commesso sulla base dell’«orientamento o identità sessuale» della vittima. La Legge Zan è copiata pari passo da quella spagnola.
In Germania, invece, non è esplicitamente punita l’omofobia. Il Codice Penale tedesco non identifica in modo esplicito il reato di discriminazione per l’orientamento sessuale o l’identità di genere.
L’art. 130) punisce chi «turba la quiete pubblica» o diffonde opere scritte incitando all’odio o alla violenza, oppure chiedendo misure discriminatorie, contro persone sulla base di motivi nazionali, etnici, razziali e religiosi, o più in generale perché appartengono a un «determinato gruppo».
Rispetto al codice penale italiano (l’Art. 604-bis, che il ddl Zan vuole ampliare) la Germania sembra punire, anche se in via più generale e astratta, un campo più ampio di discriminazioni. «Sebbene il codice penale tedesco non faccia un esplicito riferimento al background omofobico di colui che perpetra il reato, nella definizione data all’articolo 130 rientra anche la discriminazione effettuata in ragione dell’orientamento sessuale», sottolinea un approfondimento del Servizio studi della Camera dei deputati, uscito a novembre 2020.
In Germania l’omofobia, e più in generale le discriminazioni sull’orientamento sessuale e l’identità di genere, non rientrano esplicitamente tra le aggravanti che un giudice può valutare nel punire un reato. Vengono, invece, citati, in modo generico, obiettivi e motivazioni di chi commette un reato, tra cui quelle «razziste, xenofobe e antisemite» o «inumane». In questa formulazione più aperta potrebbero in qualche modo rientrare anche le discrimazioni sull’orientamento sessuale e identità di genere.