In questi giorni sono tornato a Milano. La mia città che, benché tutto, amo e ho sempre portato nel sangue in ogni luogo del mondo dove ho vissuto e vivo. Qui sono nato, sono cresciuto e ho studiato. Qui nel lontano 1996 iniziai nella redazione de L’Indipendente, in via Valcava, dove una volta c’era La Notte del leggendario Nino Nutrizio. E scrivevo proprio di cronaca cittadina, specializzato in ecologia, poiché all’epoca non esisteva ancora la parola eco-sostenibiltà, o, almeno, nessuno la utilizzava ancora. Ieri su invito del collega e caro amico Mario Marchi, che molti ricorderanno come un volto conosciutissimo dell’informazione televisiva, ho partecipato al consiglio comunale presieduto dal Sindaco Sala in cui l’ordine del giorno era un piatto molto bollente e pepato: gli ingredienti, una bella cucchiaiata di Salva Milano, una spruzzata di dimissioni e tanta tanta salsa Tabasco della contestazione dell’opposizione che ne chiedeva la dipartita di tutta la giunta. Non entravo a Palazzo Marino da due decenni, c’era un pizzico d’emozione.
Dopo pochi minuti che Sala prendeva la parola, la temperatura di cottura era già vicina ai gradi di un forno dimenticato accesso e senza timer. Le sue parole erano quasi sempre interrotte dai rappresentanti di Fratelli d’Italia: ripassavano, tagliuzzavano e punzecchiavano col coltello affilatissimo quella bruciacchiata cotoletta alla milanese servita da Sala come giustificazione allo sfascio più totale. Nella camera del consiglio ogni passo importante dello chef Sala era scosso da un più che vivace gruppo di cittadini, rappresentanti e consiglieri delle varie municipalità ma anche di semplici milanesi che sono stufi di vedersi servire questa brodaglia, fredda e insapore che è Milano. Ho visto con molta trisitezza pochi giovani presenti, segno del disinteresse di loro
Il menù del giorno aveva un carico calorico imponente: l’assessore alla Casa lascia, l’opposizione replica che è soltanto un agnello alla brace sacrificato per coprire con le spezie un arrosto bruciato. Il piatto del Salva Milano che fa ribrezzo pure agli chef romani del PD, si è trasformato sinistramente in una patata bollente. E sinceramente ho dovuto chiedere spiegazioni a Mario, un vero professionista dell’informazione che di Milano sa e conosce tutto: solo con le sue parole precise ed esaustive, ed anche molto ironiche, come un cronista di razza sa fare, ho capito che Milano non è più un seducente drink da bere, ma un enorme bollito sciapo e freddo. Assieme per un attimo abbiamo rimpianto gli anni Ottanta, quando la città esplodeva in bocca come il miglior prosecco, facendo vibrare ogni papilla gustativa come in un acuto.
Ogni volta che ci torno, trovo una città che ha perso la sua identità, fiaccata dall’ennesimo scandalo, disordinata nella pianificazione, nel verde sempre più risicato e sporco: Luca Bonomi, consigliere del Municipio 8, simpatico e arguto, mi ha spiegato mentre tornavamo in tram, che l’amministrazione Sala (insignitasi della medaglia del green-wash) ha tentato maldestramente di imitare il progetto, in piccolissima parte, della High Line di New York: tutto è finito in una grottesca barzelletta.
Basta entrare da Viale Forlanini a Linate, prima della biforcazione delle partenze e arrivi. Automobilisti e taxi precipitano dentro a un asfalto butterato da un metaforico bombardamento di meteoriti, scavato più di Marte. Un incentivo per i gommisti?
Mi chiedo e vi chiedo se è questo il biglietto da visita e di partenza che Milano vuole davvero offrire al mondo? L’asfalto è davvero un de profundis in tutta la città, e mi dicono che il Comune sta capitalizzando parecchio denaro con le multe (in primis la famigerata e inutile Area B).
Parliamo della delinquenza: pochi giorni fa un gruppetto di studenti madrileni in visita alla città, scendendo dalla 91, ormai trasformato nel peggiore e violento suk nord-africano, nutrito con la peggiore feccia criminale, è stato seguito da vari esponenti maranza, italo-arabi e puntualmente aggredito e rapinato, anche con una coltellata al fianco di un diciottenne. Gli studenti, ovviamente, sono rientrati nella Capital e giustamente hanno dipinto un bel quadretto di Milano, tanto che sui social spagnoli infuria l’avviso a evitare come la morte la nostra città. Se lo merita chi in quattordici anni hanno mostrato il peggio dell’arte di non amministrare: iniziando da Sala e compañeros.
Ora dire che sulla 91 è necessario una vigilanza armata come a Guantanamo, sembra una boutade, ma fatevi un giro e ne riparliamo, perché Milano è oggi una città pericolosa, dove l’insicurezza serpeggia dal centro alla periferia. In Piazza Duomo incontro sempre il solto drappello di militari impietriti dalla noia. Ogni tanto qualche agente di polizia in più. A Madrid vedo pattuglie in ogni via del centro, e non solo, da Plaza del Sol e Plaza d’Oriente, lungo Gran Via, in continuazione, agenti in numero considerevole, la microcriminalità è pari a zero.
A Milano ci sono pochi agenti, e quando intervengono, sono in sei volanti che inseguono come nel peggiore poliziottesco anni Settanta, uno scooter con sopra due ragazzini fino alla tragedia inevitabile, quando bastava una foto alla targa.
Milano è sporca, trascurata, lasciata a un destino amaro. Guardate le stazioni del costosissimo Passante Ferroviario, a parte Garibaldi, le altre sono luoghi desolanti, consegnate nelle mani del vandalismo. Lancetti ha le scale mobili in manutenzione da un decennio e l’accesso esterno all’ascensore è bloccato da un perenne cumulo di rifiuti.
Spero che tra due anni, qualcuno voglia restituirmi e restituirci una Milano migliore.