Sono giorni difficili per Carlos Mazón. L’opinione pubblica lo condanna come il primo colpevole per la furia della “Gota Fria” o “Dana” che ha provocato il peggior disastro geologico nella stori della Spagna. Mentre sale ogni giorno il macabro conteggio delle vittime (molti cadaveri vengono ritrovati intrappolati nelle auto ammassate lungo le strade), la graticola su cui è finito, a torto o a ragione, il numero uno della Generalitat Valencia, è sempre più rovente. Avvocato, classe 1974, eletto un anno fa nella lista del Partido Popular (sostenuto dall’estrema destra di Vox, negazionista sul cambio climatico), Carlos Mazón potrebbe avere le ore contate. Le sue colpe ruotano attorno al mancato allarme per l’alluvione di martedì scorso, poi lo scaricabarile di mercoledì smentito da dati e video. E, anche giovedì, le polemiche per il ritardo nei soccorsi (i 1500 militari annunciati, stanno raggiungendo le zone martoriate di Valencia e provincia, soltanto in queste ore. E se non bastasse, venerdì Mazón si è preso le sberle per avere invitato apertamente i numerosi volontari giunti da ogni angolo della Spagna per spalare il fango dalle strade, a tornasene a casa perché sono d’intralcio alle attività della Protezione Civile. Sabato il governatore ha pure ordinato la chiusura delle vie d’accesso alle zone colpite proprio per arrestare la marcia dei volontari, prendendosi migliaia di insulti dai social dove fomenta la ribellione. Su di lui c’è la terribile accusa: «vuole nascondere i cadaveri!», e anche «gli aiuti devono arrivare a tutti i costi», «non può proibire la mobilità senza dichiarare lo stato di emergenza».
Con oltre 200 morti e duemila dispersi, Mazón è accusato di non avere preso in gestione direttamente quell’enorme caos che regna nella zona alluvionata, con i soccorsi mal coordinati. A lui si deve anche il ritardo dell’intervento dell’esercito poiché Mazón ha temporeggiato nella richiesta di aiuto. lasciando correre ben settantadue ore, mentre i valenciani scavavano nel fango e nei detriti a mani nude. Poi il rimpallo di responsabilità con il governo centrale. Il quotidiano El Paìs gli rinfaccia tutte le sue uscite pubbliche ricostruendo la cronologia degli allarmi diffusi dalla Protezione civile sui chili segni di un imminente evento metereologico senza precedenti, in contrasto con le rassicurazioni di Mazón sull’assenza di rischi.
Il quotidiano El Diario ha ripubblicato il video (cancellato da Mazón dai social), in cui lui si spende in tale inopportuna e assurda rassicurazione. Così diceva: «Secondo le previsioni, il temporale si sta spostando, cosa che fa sperare che intorno alle ore 18 diminuirà la sua intensità in tutto il territorio della comunità». In realtà già il dipartimento per le Emergenze della sua amministrazione aveva diramato l’allerta. Ma Mazón, imperterrito nel suo surreale ottimismo, dichiarava: «Considerato quello che sta succedendo, le cose stanno andando avanti fortunatamente senza danni materiali e senza allerta idrologica», mentre la gente moriva intrappolata nelle proprie auto divorate dalla furia della tempesta. Venerdì il premier socialista Pedro ha presa di distanza dal governatore valenciano, scaricato anche dalla ministra della Difesa Margarita Robles: «Per fortuna il governatore ha capito che l’esercito è assolutamente indispensabile, e da allora siamo ovunque e continueremo ad esserci», ha detto la Robles.
Mazón si era fatto fotografare con la pettorina fosforescente ma lontanissimo dalle zone distrate proprio in occasione della visita di Sanchez. «Grazie per essere venuto così presto, per la tua vicinanza e per la tua presenza così tempestiva. Riceviamo questo come un messaggio con grande affetto», aveva rivolto tali parole al premier. Secondo i media, Mazón dovrà rendere conto del perché ha soppresso l’Unità Valenciana di Emergenza voluta dal precedente governatore socialista Ximo Puig e pensata per affrontare una simile tempesta perfetta.