Secondo l’ultimo sondaggio del Barómetro de Opinión Hispano-Luso del Centro de Análisis Social de la Universidad de Salamanca il 39,9% dei portoghesi e il 30,3% degli spagnoli sono favorevoli a una federazione tra i due Paesi, un’idea vagheggiata da secoli (l’ultimo a proporla, qualche mese fa, è stato lo scrittore Premio Nobel José Saramago) e che però trova contrario il 30% degli intervistati di Spagna e Portogallo. 
Secondo i risultati spagnoli e portoghesi, pur condividendo oltre 1200 km di frontiera si conoscono poco e tra i due sono i primi piuttosto indifferenti all’esistenza degli altri. Ad esempio, il 54,2% dei portoghesi conosce il nome del premier spagnolo, in compenso, solo l’1,2% degli spagnoli conosce quello del portoghese; il 53% degli spagnoli è stato nel Portogallo, in Spagna è stato l’84% dei portoghesi (ma ammettiamolo, la geografia obbliga: se vogliono uscire dal loro Paese via terra non è che i portoghesi abbiano altre opzioni). Il 76,2% degli spagnoli si oppone al portoghese come lingua obbligatoria e preferisce sia opzionale, nel Portogallo, invece, il 50% dei cittadini ritiene che lo spagnolo dovrebbe essere obbligatorio e l’85,1% lo preferirebbe ottativo. Sono ancora i portoghesi i più favorevoli a una maggiore cooperazione tra i due Paesi: sono favorevoli a un sistema fiscale comune (59%) e alla soppressione delle restrizioni per la mobilità e per la residenza di professionisti, lavoratori e imprese (72%), le percentuali degli spagnoli che appoggiano queste misure sono rispettivamente del 37 e del 63%. Sono indicativi della considerazione e dell’immagine che i cittadini di un Paese hanno dell’altro anche i nomi dei tre personaggi di un Paese più popolari nell’altro. Luis Figo, Cristiano Ronaldo e José Saramago sono i portoghesi più conosciuti in Spagna. Julio Iglesias, re Juan Carlos e la principessa Letizia sono i tre spagnoli più noti nel Portogallo.
Il maggiore interesse del Portogallo per la Spagna è comprensibile sia da un punto di vista geografico che economico. Chiusi nell’ultimo angolo della penisola iberica prima dell’Oceano (non per niente la loro vocazione è sempre stata essenzialmente marinaia), se vogliono avere rapporti con l’Europa i portoghesi devono passare necessariamente dalla Spagna: persino il loro approvvigionamento d’acqua passa attraverso gli accordi con Madrid: il Tago, che dà acqua a buona parte del Paese arriva dalla Spagna e i grandi invasi spagnoli, che diminuiscono la portata del fiume, creano a volte tensioni tra i due Paesi. Ma non è solo la geografia: Spagna e Portogallo sono usciti quasi contemporaneamente da una lunga dittatura fascista che li ha tenuti per decenni lontani dall’Europa. La Spagna però è riuscita a proporsi come una delle giovani democrazie più solide e una delle economie più dinamiche del continente, il Portogallo fatica a lasciare ritardi e povertà, contendendo alla Grecia la coda dell’Unione Europea. La Spagna è per i portoghesi un modello e un esempio. “Uno dei punti che più ammiriamo è il sistema sanitario spagnolo” dice Adolfo dos Santos Martins, responsabile degli emigrati portoghesi nelle Asturie intervistato dal quotidiano di Oviedo La Nueva España (in Spagna i risultati dell’inchiesta del Barómetro de Opinión Hispano-Luso hanno avuto vasta eco sui quotidiani) “Nel Portogallo funziona male e le poche infrastrutture si curano ogni volta di meno, tutto viene centralizzato a Oporto e a Lisbona, così molta gente si trova senza le attenzioni di cui ha bisogno. Anche il lavoro e il sistema pensionistico attirano i portoghesi. Non perché nel Portogallo non ci siano posti di lavoro, che potrebbero essercene più che in Spagna, ma per le condizioni di lavoro e i salari, che sono molto migliori a prezzi sempre più simili. Inoltre il sistema pensionistico spagnolo è più sviluppato, e fa sì che i portoghesi preferiscano lavorare in Spagna”. Il disinteresse spagnolo per i vicini è altrettanto comprensibile: gli interessi strategici di Madrid sono in Europa e in America Latina, i punti di riferimento sono le grandi potenze europee, la vicina Francia soprattutto; non c’è dunque molto spazio per il piccolo e più povero Portogallo nell’immaginario spagnolo, per quanto vicino. Eppure gli spagnoli potrebbero sbagliarsi, come fanno notare i quotidiani che si sono appassionati all’inchiesta e all’ennesimo ritorno dell’iberismo, la corrente che vuole un rapporto più stretto tra i due Paesi della penisola: una Federazione tra Spagna e Portogallo sarebbe il Paese più grande dell’Unione Europea, il quinto per PIL e con un numero di abitanti simile a quello di Regno Unito e Italia, in grado, dunque, di parlare davvero da pari a pari con le grandi potenze dell’Unione, il numero di deputati a Strasburgo sarebbe tale da rendere più forte la difesa degli interessi luso-spagnoli nel Parlamento europeo. Insomma, la Spagna avrebbe tutto da guadagnarci. Certo, ci sarebbe da stabilire la forma dello Stato, i portoghesi non sono disposti a tornare sotto una monarchia, gli spagnoli non sono disponibili a un altro scontro monarchia-repubblica. Ma se è vero, come dicono, che il calcio può quello che non può la politica e che Cristiano Ronaldo avvicina i due Paesi più di un vertice tra i due premiers, allora la prima vera prova del fuoco di quello potrebbe essere la doppia candidatura per l’organizzazione dei Mondiali di Calcio in futuro. Joseph Blatter, contrario alle doppie candidature dopo l’infelice esperienza in Corea e Giappone nel 2002, ha detto che Spagna e Portogallo insieme sono un’altra cosa”. Appunto. Ma per ora, spagnoli e portoghesi sono, secondo una molto azzeccata definizione, “cugini che si vedono solo a matrimoni e battesimi”.