Il premier socialista Pedro Sánchez alla fine l’ha spuntata e ha raccolto in Congresso i voti necessari per fare approvare la nuova proroga del “congelamento” del Paese al 24 maggio. Ed è la quarta volta dal 14 marzo che viene posticipata la fine dello stato d’allerta, un periodo eccezionale in cui il Governo in carica può assumere tutti i poteri dei vari governatori delle diciassette autonomie.
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E per fare questo era necessaria l’approvazione delle Cortes, Camera Alta e Bassa, iniziando dal Congreso, il Parlamento. Lo stato dall’erta o d’emergenza può durare soltanto due settimane, poi va rinnovato sempre col voto parlamentare. Il 3 maggio in Spagna era iniziata la desescalada, parola che corrisponde al nostra allentamento: si era stabilito di permettere agli spagnoli, e soprattutto ai minori di 14 anni, un’ora d’aria due volte a giorno tra le 6 e le 10 e le 20 e le 24, anche se poi a controllare e a emettere multe non c’era nessuna autorità di pubblica sicurezza, segno che dall’alto è arrivato ordine di non molestare troppo gli spagnoli già esasperati dopo mesi di confinamento. Come, invece, non è successo in Italia, dove la Polizia Locale, il corpo di vigilanza meno comprensivo e più sanzionatorio del mondo, ha staccato multe anche a esasperati esercenti messi in ginocchio dall’epidemia e che protestavano, a debita distanza, contro sindaci e politici.

Hanno votato a favore 178 deputati, i Socialisti, Unidas Podemos, Cs, PNV, Teruel Existe, Coalición Canaria, Nueva Canarias, PRC, Más País e Compromís, mentre i contrari sono stati 75 e le astensioni, inclusa quella del PP, sono state 97. Sánchez l’ha spuntata sull’opposizione di destra del PP e di alcuni partiti catalani e baschi che da tempo non sostengono più l’esecutivo socialista-podemos, grazie all’appoggio dei dieci deputati di Ciudadanos e del PNV, il partito nazionalista basco. Un “no” alla proroga non solo avrebbe innescato una crisi di Governo in un momento così difficile, per un esecutivo di soli quattro mesi di vita che già con il voto contrario dei catalani indipendentisti di ERC (protagonisti con il loro appoggio alla formazione dell’esecutivo di Sánchez), mostra le sue fragilità. Ancora una volta i catalani potrebbero far precipitare a picco il presidente dei Socialisti spagnoli.
La bocciatura del piano Sánchez avrebbe innescato anche una pericolosa situazione inedita: la fine dello stato d’emergenza avrebbe tagliato la testa alla desescalada, la fase di transizione per il ritorno alla quasi normalità decisa da Madrid e divisa in quattro fasi, fino a fine giugno. La continuazione dell’emergenza permetterà a Sánchez di accentrare le decisioni ed evitare che ogni regione si comporti in modo diverso nella Fase 2, il momento dell’allentamento delle restrizioni, dopo due mesi di confinamento.