È un giornata campale, oggi lunedì 14 ottobre, per Barcellona, la Catalogna e la Spagna. Nelle prossime ore i togati del Tribunale Supremo di Madrid pronunceranno la sentenza per i dodici politici e attivisti catalani rei di avere disobbedito e di essersi ribellati alla Costituzione e al Governo centrale di Madrid. La sentenza arriva dopo sei mesi di processo  e quattro mesi di camera di giudizio.
I fatti risalgono all’ottobre del 2017, quando, all’indomani del divieto della Corte Costituzionale e del premier Mariano Rajoy di celebrare il referendum per l’indipendenza della Catalogna, le strade di Barcellona e dei principali centri catalani, si riempirono di scontri tra chi voleva entrare nei seggi per votare e la Policia nacional che li respingeva usando spesso la violenza.
Le immagini fecero in un lampo il giro del mondo e sul banco degli accusati di avere creato quei disordini e numerosi tumulti, vennero poste dodici persone, tra cui Oriol Junqueras, ex vice presidente della Catalogna (mentre il presidente allora in carica Carlos Puigdemont fuggiva a Bruxelles ricorso da un mandato europeo d’arresto).
Oltre a Junqueras ci sono ministri della Generalitat catalana, funzionari e attivisti, come i due famosi Jordi che sono gli autori di avere materialmente organizzato le votazioni stampando le cartelle del referendum.
Delle ultime discrezioni sembra che il Supremo non abbia visto una ragione per le accuse di ribellione (che corrispondono nel Codice Penale Spagnolo alle pene più grandi), mentre sono state evidenziati i reato di malversazione di denaro pubblico (tre milioni di euro deviati dalle casse della Generalitat per organizzare il referendum illegale), la disobbedienza e la sedizione. Dubbi sull’istigazione alla violenza, piche mancano proclami espliciti e diretti ai catalani ad armarsi e a combattere.
In attesa della storica sentenza, la capitale della Catalogna, Barcellona, ha preso delle precauzioni: da sabato i principali luoghi sensibili, le tre stazioni principali di treni e l’areoporto El Prat sono presidiati da blindati della Policia nacional con un’aggiunto di trecento militari inviati da Madrid .
Si temono violente manifestazioni in caso che le sentenze fossero molto severe: i dodici imputati rischiano pene fino a vent’anni con l’esclusione a vita dalla politica attiva.
A fine settembre nove membri di Cdr, un’associazione politica favorevole alla Repubblica di Catalogna, sono stati arrestati perché in possesso di materiale per creare oggetti dinamitardi e copie di piantine della principale stazione della Guardia Civil di Barcellona: i giudici hanno ritenuto che si stessero preparando degli attentati con centinaia di vittime. I minuti passano i catalani parlano a bassa voce, trattengono il fiato. tensione paura sono ai massimi livelli.